RIFIUTO AL LAVORO AGILE (SMART WORKING) – CONDANNATA IMPRESA.

"Il Tribunale di Grosseto ha ordinato al datore di lavoro di consentire al lavoratore ricorrente di svolgere le proprie mansioni in modalità di lavoro agile (smart working)."

20 MAG 2020 · Tempo di lettura: min.
RIFIUTO AL LAVORO AGILE (SMART WORKING) – CONDANNATA IMPRESA.

(C.p.c. art. 700 - D. L. 17.03.2020, n. 18, art. 39)

Il Tribunale di Grosseto (sezione Lavoro) con Ordinanza n. 502 del 23-04-2020 ha ordinato al datore di lavoro di consentire al lavoratore ricorrente -con effetto immediato- di svolgere le proprie mansioni in modalità di lavoro agile (smart working), condannando, altresì, il datore al versamento di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento emesso.

Con la citata ordinanza, il Tribunale ha accolto il ricorso depositato dal lavoratore, ex art. 700 c.p.c., sussistendo i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora per la concessione del provvedimento d'urgenza.

Il ricorrente, lavoratore dipendente a tempo indeterminato di un'azienda privata, con mansioni di addetto al servizio di assistenza legale e contenzioso, lamentava che il datore aveva illegittimamente rifiutato di adibirlo ad lavoro c.d. agile nonostante tutti i colleghi del suo reparto stessero già lavorando con la predetta modalità.

L'azienda aveva prospettato al lavoratore il ricorso alle "ferie anticipate" da computarsi su di un monte ferie non ancora maturato, in alternativa alla sospensione non retribuita del rapporto sino al termine dell'emergenza sanitaria in corso.

L'azienda, costituitasi in giudizio, aveva il rigetto della domanda proposta dal lavoratore sostenendo di non potere più modificare l'organigramma dei lavoratori da remoto – avendo scelto i soggetti da collocare in smart working quando il ricorrente si trovava in malattia- salvo dover affrontare costi significativi in termini economici ed organizzativi in generale.

Il Tribunale di Grosseto ha ritenuto insussistenti le giustificazioni dell'azienda argomentando come, non sia credibile che un'azienda radicata in tutto il territorio nazionale non abbia i mezzi, ne possa sopportare i costi per consentire il lavoro da remoto sul pc aziendale considerando, tra l'altro, che tutti gli altri colleghi di reparto risultano già in smart working dall'inizio del lockdown.

Il lavoratore, scrive il Giudice, si è trovato di fronte alla scelta tra due distinte, ingiustificabili, rinunce: alla retribuzione o al godimento annualmente ripartito delle ferie come via via maturate in ragione del lavoro prestato, in entrambi i casi con sicura compromissione di diritti fondamentali ed intangibili dello stesso, sussistendo "il concreto pericolo di lesione di beni patrimoniali e non patrimoniali non integralmente risarcibili per equivalente".

Risultano sussistere i presupposti per l'accoglimento del ricorso d'urgenza essendo violati i diritti intangibili del dipendente con conseguente condanna, per l'azienda, ad un facere infungibile: la dottrina lo ammette proprio perché il provvedimento d'urgenza serve ad evitare che il ricorrente debba aspettare una pronuncia di merito che con i suoi lunghi tempi sarebbe inutile rispetto al pericolo imminente ed irreparabile.

Il Giudice, proprio sulla scorta delle pretestuose giustificazioni dell'azienda, l'ha condannata a pagare 50 euro al giorno per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione della citata ordinanza applicando, al caso di specie, il disposto dell'art. 614bis c.p.c. che recita "Con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento. Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza".

Il Tribunale di Grosseto ha dunque voluto utilizzare uno strumento di coercizione indiretta al fine di incentivare l'adempimento spontaneo degli obblighi che non risultano facilmente coercibili. La norma, infatti, prevede in capo al soggetto inadempiente l'obbligo di pagare una somma di denaro, al fine di indurlo a realizzare la sua obbligazione.

In conclusione, il citato provvedimento ha imposto al datore di lavoro di consentire, con effetto immediato al lavoratore richiedente, a causa dell'emergenza epidemologica da Covid-19, di svolgere le mansioni contrattuali in modalità lavoro agile sussistendo i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora.

Scritto da

Studio legale Avv. Giulio Mario Guffanti

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