Quando il "toccamento" fra coniugi è violenza

Nuova casistica di violenze sessuali tra coniugi. La vicenda del toccamento della donna dormiente. Quando il toccamento è atto di rilevanza sessuale. Come valutare il consenso presunto.

13 NOV 2017 · Tempo di lettura: min.
Quando il "toccamento" fra coniugi è violenza

Con la sentenza n. 2119 depositata il 20 ottobre 2017 la III Sezione penale della Corte Suprema ha esaminato una nuova fattispecie di violenza sessuale: il toccamento da parte del coniuge, della moglie dormiente.

Vi è da osservare che nella vicenda processuale, che nel merito era stata valutata dal Tribunale di Forlì, con sentenza del 26.09.2011 e poi dalla Corte di Appello di Bologna con sentenza del 14 settembre 2016, l'imputato era stato condannato anche per il delitto di maltrattamenti nonchè per una ipotesi, che invero appariva immeritevole di ogni e qualsiasi dubbio, concernente una violenza sessuale commessa con penetrazione mentre la propria moglie dormiva.

Tuttavia la Corte Suprema ha approfondito la disamina anche di un altro caso di violenza sessuale contestato all'imputato, quello di aver "posto le mani in mezzo alle gambe mentre dormiva" , giungendo alla conclusione, per le ragioni spiegate, che anche in tale ipotesi può ricorrere una violenza sessuale.

Nel percorso motivazionale seguito dalla Corte si rammenta che, come da giurisprudenza ormai consolidata, il compimento di atti sessuali deve essere sorretto da consenso e deve sussistere dal momento iniziale e deve permanere durante l'intero corso del compimento dell'atto sessuale (cfr. sent. Sez. III n. 25727 del 24.02.2004, Guzzardi), sicchè la manifestazione del dissenso, che può essere anche non esplicita, ma per fatti inconcludenti chiaramente indicativi della contraria volontà e può intervenire in itinere, esclude la liceità del comportamento dell'atto sessuale".

In tale ambito assume rilievo qualsiasi forma di coazione psico fisica che possa incidere sulla libertà del volere altrui, anche nell'ambito di rapporti coniugali o paraconiugali e non rileva, ai fini della sussistenza del reato, che la vittima si opponga palesemente laddove risulti che l'agente, in ragione di violenza o minacce, abbia la consapevolezza di un rifiuto implicito della vittima (cfr. Sez . III n. 39865 del 17.02.2015).

Nel caso in esame si ponevano all'attenzione della Suprema Corte due temi: 1) la apposizione di mani fra le gambe costituisce un atto sessuale? 2) Nel caso in esame, in relazione alle modalità del fatto, ai rapporti fra i coniugi e agli antefatti, poteva ritenersi consumato il rapporto di violenza sessuale?

Sul primo interrogativo il Giudice di legittimità ha mostrato di non avere dubbi affermando che certamente il porre le mani fra le gambe equivale a "investire la condotta(dell'agente) una zona erogena del corpo". Vi è da osservare, per la verità, la sentenza della Corte Suprema non precisa quale parte delle gambe sia stata oggetto del toccamento delle mani del coniuge, protraendosi le gambi di un essere umano dal polpaccio sino all'inguine. Si deve presumere che nel giudizio di merito la vittima abbia riferito di essere stata toccata nella parte alta delle cosce - nel qual caso appare indiscutibile che si versi in una ipotesi di zona erogena - ma tanto non è chiarito con esattezza e, se per caso, la vittima avesse fatto riferimento alla parte antistante le caviglie, forse potrebbe anche dubitarsi che possa definirsi tale luogo come zona erogena. Si è indotti a ritenere che nel giudizio di merito la vittima abbia meglio indicato la zona ove le mani erano state apposte.

Oltre a tale tema deve valutarsi se toccare una persona in zone erogene, costituisca o meno una ipotesi di violenza sessuale.

nella vicenda esaminata dalla corte il dubbio non sussiste in quanto i rapporti tra i coniugi erano già lacerati e la moglie aveva espressamente fatto inviare dall'avvocato una diffida al coniuge perchè non tentasse più di avere rapporti sessuali con lei - donna peraltro abitualmente maltrattata in altro modo - per cui di certo il coniuge non poteva ignorare che accostarsi sessualmente alla propria moglie, mentre dormiva, non potesse che risultarle sgradito e quindi che tale comportamento non potesse in alcun modo ricevere consenso ma il tema si pone quando, in una fase totalmente iniziale, potrebbe esservi un errore nella interpretazione della volontà altrui, specie quando già in precedenza vi sono stati analoghi comportamenti liberamente condivisi ed accettati. In tali casi certamente sarebbe più difficile poter affermare che vi sia certamente il dolo che è richiesto per la sussistenza del reato, almeno sin quando non vi sia una parola o un gesto di esplicito diniego da parte del soggetto dormiente.

Il tema è controverso e la giurisprudenza cerca di tracciare delle linee interpretative muovendosi in una casistica umana delicata, che certamente presenta aspetti che possono essere assai dissimili da caso a caso concreto.
Scritto da

Avv. Alfredo Guarino

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