Gli eredi non possono annullare il matrimonio della persona incapace

La Suprema Corte ha deciso di tutelare l’autodeterminazione e la dignità di colui che, non interdetto, ha contratto matrimonio.

21 OTT 2014 · Tempo di lettura: min.
Gli eredi non possono annullare il matrimonio della persona incapace

Con una sentenza del 30 giugno 2014 n. 14794, la Corte Suprema di Cassazione, sezione I civile, ha rigettato la domanda di annullamento richiesta dagli eredi del matrimonio del deceduto fratello T.S. Secondo loro, infatti, il matrimonio era stato contratto in stato d'incapacità di intendere e di volere dato che il fratello era affetto da gravi patologie. Le nozze erano state celebrate in data 18 giugno 2002 a insaputa degli eredi che accusavano C.L., la collaboratrice domestica che lavorava in casa del defunto, di aver organizzato e contratto il matrimonio con il fratello con secondi fini.

Le ragioni degli eredi

Gli eredi si sono appellati all'articolo 428 del Codice Civile:

Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati [artt. 775, 1425 c.c.] su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa [artt. 377, 799 c.c.], se ne risulta un grave pregiudizio all'autore.

Le valutazioni della cassazione

La Cassazione, invece, confermando ciò che era stato precedentemente detto dal Tribunale e ribadito dalla Corte di Appello, ha ritenuto applicabile l'articolo 127 del Codice Civile:

L'azione per impugnare il matrimonio non si trasmette agli eredi se non quando il giudizio è già pendente alla morte dell'attore.

Attraverso questa decisione la Cassazione smentisce la presenza di un vuoto normativo rispetto al caso in cui il coniuge non abbia impugnato il matrimonio in vita. Si tratterebbe invece di una scelta del legislatore “che trova giustificazione nel fatto che il coniuge incapace di intendere e di volere è legalmente capace e, quindi, esclusivo titolare del potere di decidere se impugnare il proprio matrimonio (art. 120 c.c.), a differenza del coniuge interdetto il cui matrimonio può essere impugnato da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo oltre dal tutore e dal pubblico ministero (art. 119 c.c.)".

Nel caso specifico, il defunto T.S. non aveva impugnato il matrimonio in vita il che ha portato la Cassazione a rigettare la domanda degli eredi. La Suprema Corte, quindi, “in modo non irragionevole ha ritenuto preminente l'esigenza di tutela dell'autodeterminazione e, quindi, della dignità di colui che, non interdetto, ha contratto matrimonio".

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