Se la ex moglie lavora in nero e non si può provare quanto guadagna, l'assegno divorzile non va dato

No assegno alla moglie divorziata se non si può provare che lavoro faccia, cosa guadagni, però vive bene ugualmente. La natura dell'assegno è infatti perequativa - compensativa.

9 MAR 2020 · Tempo di lettura: min.
Se la ex moglie lavora in nero e non si può provare quanto guadagna, l'assegno divorzile non va dato

Nessun assegno post - divorzio è dovuto all'ex coniuge, se non c'è prova dello stipendio e delle entrate di quest ultimo, il quale tuttavia lavora a nero.

Così ha statuito la Corte di Cassazione, con una recente ordinanza (la n. 5603/2020), con cui si rimette chiarezza circa la funzione dell'assegno di divorzio, che non sarebbe più di ristabilimento del tenore di vita dei due di quando erano insieme, bensì avrebbe natura perequativa - compensativa. Ciò richiederebbe a priori un accertamento dei mezzi di sussistenza del coniuge assegnatario del sussidio, tale da poter consentire una valutazione comparativa tra i redditi della ormai ex copia, in maniera da comprendere la differenza tra i tenori di vita attuali.

Detto accertamento e la conseguente comparazione non sono certo di facile prova qualora il coniuge originariamente beneficiato dell'assegno lavori saltuariamente e a nero, come la signora X che in seguito al divorzio lavorava presso una parruccheria facendo le manicure alle clienti, senza alcun pagamento con regolarità e tutto a nero.

Un tanto risulta dall'ultima recente ordinanza della Corte di Cassazione, i cui estremi compaiono sopra, dovuta proprio al fatto che all'atto della sentenza finale ancora fosse carente una prova effettiva dei guadagni mensili della lavoratrice. Ecco perchè l'assenza di ciò, ostacolando la comparazione tra gli stipendi e i proventi mensili dei due ex coniugi, non consentirebbe di addivenire al calcolo delle differenze tra i due stili di vita, per tanto non è più dovuto alcun assegno divorzile, originariamente ordinato dal Giudice Civile e quantificato in 300 euro mensili, a carico del marito e a vantaggio dell'ex moglie beneficiaria dell'emolumento.

Oltre a tale ordinanza, danno man forte anche due precedenti sentenze a Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la n. 18287/2018 e la n. 1882/2019, le quali hanno contribuito in maniera inequivocabile a scardinare la vecchia concezione del "tenore di vita predivorzile", già inizialmente demolito con l'ultima sentenza pronunciata nella famosa diatriba tra l'ex presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, e la prima moglie, Veronica Lario.

Pertanto, in assenza di prove sull'attuale stile di vita economico patrimoniale e lavorativo di uno dei due coniugi, nulla quaestio circa il diritto all'assegno e alla sua eventuale rivalutazione, dato che il suo pagamento non è più d'obbligo per il coniuge gravato da esso in precedenza.

Un respiro in più per molti padri ed ex mariti caduti in rovina per le vecchie statuizioni dovute alla rottura del matrimonio che avevano contratto.

SantinConsulenze, studio di consulenze giuridiche in Pordenone, email santinconsulenze2020@gmail.com

Scritto da

EsseGi Legal

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