Anche se la società ha sede all’estero, il giudice italiano può dichiararne il fallimento

Qualora la sede legale venga trasferita all'estero ma l'attività imprenditoriale si svolga prevalentemente in Italia, resta ferma la competenza del giudice nostrano.

6 LUG 2017 · Tempo di lettura: min.
Anche se la società ha sede all’estero, il giudice italiano può dichiararne il fallimento

La Corte di Appello di Roma respingeva il reclamo proposto dai soci di una s.r.l. dichiarata fallita dal Tribunale di Roma ritenendolo inammissibile.

Alla base del reclamo l'incompetenza territoriale del giudice italiano, non titolato a pronunciarsi sulla sorte di un'impresa con sede legale in Bulgaria, motivazione respinta dai Giudici, che anzi avevano ritenuto fittizio il trasferimento della sede all'estero, in quanto la società esplicava la propria attività principalmente in terra italiana.

Segue il medesimo esito il ricorso per Cassazione, rigettato sulla base del principio desumibile dal Regolamento CE 29/5/2000 n. 1346, secondo cui i giudici competenti ad aprire la procedura di insolvenza sono quelli dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore.

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Il centro degli interessi si presume essere il luogo in cui si trova la sede statutaria ma tale assunto vale fino a prova contraria, tant'è che nel momento in cui risulti accertata una discrepanza tra la sede legale e la sede effettiva, prevale la seconda.

Viene contestualmente richiamata una precedente sentenza sul tema, ove la Cassazione a Sezioni Unite già precisava che "Sussiste pacificamente la giurisdizione del giudice italiano sull'istanza di fallimento nei confronti di una società di capitali, già costituita in Italia, se al suo spostamento della sede legale all'estero, non abbia fatto seguito anche il trasferimento effettivo dell'attività imprenditoriale, sì da risolversi in un atto meramente formale" [1]

Nel caso di specie, sulla base degli accertamenti operati dalla Guardia di Finanza, il Giudice del Reclamo aveva già accertato il fittizio trasferimento della società in Bulgaria, elemento che rende infondata qualsiasi considerazione volta ad indirizzare la convinzione comune circa la permanenza della sede effettiva dell'impresa in territorio italiano.

Ne segue il naturale rigetto del ricorso. [2]

[1] Cass. S.U. sent. n. 3059 del 17/02/2016.

[2] Cass. Civ. Sez. I, sent. n. 14984/17 del 16/6/2017.

Scritto da

Avv. Luca Carrescia

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