Sfratto

Assolti dall'accusa di esercizio arbitrario delle proprie ragioni i due coniugi che, in seguito a diverbi con la conduttrice del loro immobile, erano intervenuti chiudendola fuori di casa.

6 LUG 2017 · Tempo di lettura: min.
Sfratto

La ricorrente impugna nella veste di parte civile la sentenza di Appello in cui gli imputati, marito e moglie, venivano assolti dal reato di cui all'art. 392 C.P. (esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose).

La coppia era proprietaria dell'appartamento in cui la ricorrente viveva in virtù di regolare contratto di locazione, ed in seguito al comportamento dell'inquilina, che in più occasioni si era barricata in casa onde impedire ai due di entrare, aveva reagito all'ultimo episodio accedendo a sua volta all'immobile qualche ora dopo e chiudendosi dentro, al fine di impedire alla locatrice di ritornarvi.

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I giudici di appello si erano pronunciati a favore dei coniugi: il marito è stato assolto in quanto ritenuto estraneo ai fatti, la moglie sul presupposto della legittima difesa (art. 52 C.P.).

L'inquilina ricorre in Cassazione, contestando la violazione dell'art. 52 C.P. e il vizio di motivazione della sentenza di appello, sostenendo che:

  • sono stati erroneamente valutati i presupposti che invece dimostrerebbero la partecipazione del marito ai fatti di cui in narrativa in quanto era stato già intimato all'inquilina di lasciare l'immobile entro un termine da lei non rispettato;
  • non sussistono i presupposti di cui all'art. 392 C.P.: tale norma sanziona il titolare di un diritto che, potendo farsi giustizia ricorrendo all'autorità giudiziaria, sceglie consapevolmente di agire di persona. E nel caso di specie la pretesa dell'agente non è azionabile in giudizio, il che rende infondati i presupposti del reato in questione e ciò finisce per travolgere anche la sussistenza dei requisiti per la legittima difesa, attuabile in risposta al pericolo di un'offesa ad un bene giuridico;
  • sempre in materia di legittima difesa: il pericolo che giustifica il ricorso a tale causa di giustificazione deve essere attuale ed in questo caso, essendo trascorse diverse ore dalla presunta azione illecita della ricorrente, detto requisito non può dirsi integrato.

La Corte, nel pronunciarsi in direzione dell'inammissibilità del ricorso, puntualizza come il reato di cui all'art. 392 C.P. si caratterizza per la componente intenzionale, sulla base della quale "l'agente deve essere animato dal fine di esercitare un diritto con la coscienza che l'oggetto della pretesa gli competa giuridicamente, pur non richiedendosi che si tratti di pretesa fondata, ovvero di diritto realmente esistente". [1]

Similmente, in materia di legittima difesa "uno dei requisiti indispensabili è l'attualità del pericolo da cui deriva la necessità della difesa, consistente cioè in una concreta minaccia già in corso di attuazione nel momento della reazione ovvero in una minaccia od offesa imminenti". [2]

Per la Cassazione, i Giudici di Appello hanno correttamente applicato i principi sopra riportati, posto che l'imputata ha agito al fine di conseguire l'auto-reintegrazione del possesso dell'immobile a seguito di uno spoglio arbitrario commesso dall'inquilina, spoglio che al momento della reazione della proprietaria era di fatto ancora in corso.

Circa la posizione del marito, la ricorrente avanza delle pretese di fatto che non possono essere oggetto di un giudizio di puro merito, come quello di Cassazione, e che in ogni caso aspirano a dimostrare una differente versione dei fatti di causa non emergenti dalla motivazione della sentenza impugnata.

Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. [3]

[1] Cass. Pen. Sez. II, Sent. n. 46288 del 28/06/2016

[2] Cass Pen. Sez. I, Sent. n. 6591 del 27/01/2010

[3] Cass Pen. Sez. VI, Sent. n. 31598/17 del 27/6/2017

Scritto da

Avv. Luca Carrescia

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