Il figlio maggiorenne che può lavorare non ha diritto al mantenimento dai genitori

Il codice civile prevede che i figli maggiorenni hanno diritto a essere mantenuti dai propri genitori fino a quando non siano completante indipendenti sul piano economico. 

30 DIC 2013 · Tempo di lettura: min.
Il figlio maggiorenne che può lavorare non ha diritto al mantenimento dai genitori
Il codice civile prevede che i figli maggiorenni hanno diritto a essere mantenuti dai propri genitori fino a quando non siano completante indipendenti sul piano economico.

Ѐ noto che tutti i figli (siano essi nati fuori che dentro il matrimonio) hanno diritto a essere mantenuti fino a quando non abbiano raggiunto l’autosufficienza economica. Di conseguenza, ciascun genitore ha il dovere di contribuire al mantenimento della prole in proporzione alle proprie sostanze e alle capacità di lavoro professionale o casalingo, cosi’ come previsto dagli Art. 147 e 148 cod. civ.Esiste un termine cronologico di durata del mantenimento di figli?

L’obbligo di mantenimento da parte dei genitori perdura oltre la maggiore età dei figli qualora costoro non siano in grado di provvedere in modo autonomo alle proprie esigenze di vita, né si siano ancora essenzialmente svincolati dall’habitat domestico. Non è possibile prefissare un termine di durata dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni. In generale, l’obbligo cessa quando il figlio raggiunge l’indipendenza economica o costruisce una nuova famiglia autosufficiente. L’obbligo termina anche quando, pur essendo stato messo nella condizione di farlo, il maggiorenne non ha saputo o non ha voluto – per sua scelta o per sua colpa (per es. trascuratezza) – raggiungere l’autonomia economica dai genitori.

La legittimazione del genitore convivente con il figlio maggiorenne è quindi diversa dalla legittimazione del figlio di maggiore età. La prima è fondata sulla continuità dei doveri gravanti su uno dei genitori nella persistenza della situazione di convivenza, l’altra invece trova fondamento, nella titolarità del diritto al mantenimento. Il figlio maggiorenne che abbia svolto un’attività lavorativa, se pur ormai cessata, non ha più diritto a essere nuovamente mantenuto dal genitore.

Oggi, tuttavia, è assai frequente il fenomeno che vede sempre più figli rimanere nella casa familiare ben oltre la maggiore età. Anzi, può ben dirsi che, con la crisi economica in atto, l’indipendenza economica non la si raggiunga neppure all’esito degli studi universitari.

È perciò naturale che un genitore si chieda fino quando permane l’obbligo al mantenimento del figlio maggiorenne.

L’orientamento prevalente (vedasi ad es. Cass. sent. N. 12477/04; Cass. sent. 23590/10) e confermato da una recentissima pronuncia della Cassazione del 30 Ottobre 2013, è quello di ritenere che, il figlio maggiorenne che abbia in passato lavorato, se pur in modo occasionale, ed anche se ormai tale lavoro è cessato (per esempio, per licenziamento o dimissioni) non ha più diritto al mantenimento da parte del genitore. Se il figlio ha trovato un impiego stabile che lo ha reso economicamente autosufficiente, ma poi lo perde, non risorge l’obbligo di mantenimento per i genitori; l’obbligo infatti si è estinto definitivamente con il raggiungimento dell’indipendenza economica del figlio.

Quindi l’assegno di mantenimento non è più dovuto qualora il figlio maggiorenne abbia iniziato con carattere di stabilità un’attività lavorativa conforme alla professionalità acquisitaLa ragione sta nel fatto che non è all’autonomia economica di per sé stessa che occorre guardare, bensì al raggiungimento da parte del figlio di una capacità astratta di autonomia economica che gli consenta di entrare nel mondo del lavoro. Il fatto, cioè, di aver già trovato, anche per una sola volta, un’occupazione dimostra l’idoneità del figlio a procurarsi un reddito, e ciò fa venire meno l’obbligo al mantenimento da parte del genitore obbligato. Non rileva, perciò, il fatto che siano subentrate delle situazioni nuove (come per esempio un licenziamento dovuto alla riduzione del personale) che abbiano determinato la perdita del posto di lavoro: in ogni caso il genitore non è più obbligato a versare il mantenimento.

Va altresi’ precisato che secondo l’orientamento giurisprudenziale più recente, affinché venga meno l’obbligo dei genitori di mantenere il figlio, non è sufficiente che questi abbia trovato un impiego stabile, ma è addirittura necessario che tale impiego sia adeguato alle sue attitudini e aspirazioni. Pertanto, il figlio ha diritto a essere mantenuto dai genitori anche se ha rifiutato una sistemazione lavorativa non adeguata a quella cui sono rivolti la sua preparazione, le sue attitudini e i suoi effettivi interessi In alcuni casi, i giudici hanno ritenuto che non è sufficiente a esonerare il genitore dall’obbligo di mantenimento l’offerta di una qualsiasi occasione di lavoro eventualmente rifiutata dal figlio; solo il rifiuto – privo di una valida giustificazione - di una offerta del tutto idonea rispetto alle concrete e ragionevoli aspettative del giovane esonera il genitore dall’obbligo di mantenimento.

La Cassazione ha piu’ volte statuito che il giudice, nel disporre l’assegno di mantenimento, deve valutare la diligenza del figlio nella ricerca di un’occupazione al termine degli studi. Pertanto il tribunale può estinguere il diritto alla corresponsione dell’assegno qualora la condizione di non autosufficienza economica del giovane sia altresi’ dipesa da una sua inerzia o rifiuto ingiustificato, oltre che dale citate ipotesi di licenziamento o dimissioni.

In caso di separazione tra i coniugi, al raggiungimento della maggiore età del figlio, il coniuge onerato del mantenimento non può autonomamente provvedere ad autoridursi o eliminare del tutto il contributo che versa al figlio; al contrario, egli deve instaurare un giudizio davanti al giudice, volto ad ottenere la modifica delle condizioni di separazione o divorzio.

Infatti il solo raggiungimento della maggiore età del figlio o la sua acquisita autosufficienza economica non liberano, in automatico, il genitore onerato dal versargli il mantenimento; perché ciò avvenga è necessario un provvedimento del giudice.Nell’ipotesi in cui sussistano i presupposti per l’assegno di mantenimento, ma il genitore obbligato non vi provveda, possono agire in giudizio il figlio maggiorenne o l’altro genitore. In particolare, se il figlio non convive più con il genitore, è lui l’unico creditore dell’assegno, e quindi l’unico legittimato ad agire per ottenerlo.

Se, invece, il figlio non ha abbandonato la casa familiare e convive con il genitore affidatario, il quale continua a provvedere direttamente ed integralmente al suo mantenimento, sono ugualmente legittimati sia il figlio che il genitore. Infatti, il genitore convivente resta legittimato ad ottenere dall’altro genitore anche l’assegno di mantenimento a proprio favore, a titolo di rimborso di quanto già anticipato per mantenere il figlio.In ogni caso, il giudice può prevedere che il genitore onerato del mantenimento versi direttamente l’assegno al figlio e non all’ex che convive con questo.

Ad ogni modo, l’obbligo al mantenimento del figlio non termina in modo automatico per il solo fatto che questi abbia intrapreso un’attività lavorativa, ma il genitore che abbia interesse a che esso sia dichiarato cessato, dovrà depositare in Tribunale un ricorso cui andranno allegate le prove della sopravvenuta autonomia o della raggiunta capacità a procurarsi un lavoro.

Attenzione però: il mantenimento è una cosa, gli alimenti sono tutt’altra cosa.

Infatti, quanto sinora detto non toglie il diritto del figlio maggiorenne a rivolgersi al giudice per farsi riconoscere dal genitore (in mancanza di un adempimento spontaneo) i cosiddetti alimenti (ossia l’importo occorrente a far fronte alle esigenze di vita primarie come vitto, alloggio, vestiario) nel caso in cui egli non sia in grado di provvedere ai propri bisogni di vita essenziali, come previsto dall’art 438 cod. civ.

Il figlio disoccupato non può quindi reclamare l’assegno di mantenimento; ma, se ne ricorrono i presupposti, può chiedere la corresponsione degli alimenti. L’obbligo alimentare è diverso da quello di mantenimento, in quanto può ricorrere in capo al genitore anche quando sia cessato il secondo. Occorre, però, che vi sia un vero stato di bisogno del figlio che obbliga i genitori a fornirgli quanto necessario per vivere.

Scritto da

Giambrone & Partners | Studio Legale Associato

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