Diffamazione tramite posta elettronica o Facebook

È importante prestare attenzione alla portata altamente lesiva di una diffamazione realizzata con il mezzo Internet, con la posta elettronica e con i social network.

15 OTT 2015 · Tempo di lettura: min.
Diffamazione tramite posta elettronica o Facebook

Capita a tutti di vedere qualche post su Facebook, o altri social network, con sotto qualche commento non troppo simpatico rivolto all'autore del post, ma anche battibecchi frequenti tra gli stessi autori dei commenti. D'altra parte lo stimolo alla discussione e alla condivisione grazie a Internet è un bene, una conquista di democrazia e libertà di espressione, che prevale sul male di (spesso nemmeno volute) espressioni sconvenienti. Ma tutto ha un limite, e questo limite si chiama, in linguaggio giuridico, contumelia o ingiuria o diffamazione, a seconda dei casi.

Sono leggerezze che possono rilevare anche penalmente, quindi meglio evitare i toni aspri e umorali, ponderando le parole anche quando si voglia esprimere una critica verso qualcuno.

Il nostro codice penale prevede l'aggravante per una diffamazione commessa per mezzo della stampa o con qualsiasi mezzo di pubblicità; in certi casi in cui la pubblicazione di uno scritto avvenga tramite Internet la portata offensiva della diffamazione supera di gran lunga quella che si ha con la carta stampata. Pensate infatti che il giornale o la rivista vengono riposti dopo la lettura, il monitor del PC è invece sempre pronto a riproporci lo stesso scritto diffamatorio quando navighiamo in Rete.

Anche l'utilizzo della posta elettronica, che ha la funzione di "forward", aggrava enormemente il reato perché permette all'autore del messaggio diffamatorio di raggiungere una pluralità indeterminata di persone, facendo leva per effetto emulativo di possibili ulteriori "forward" da parte dei riceventi i quali non possono non riconoscere, leggendo il testo, la portata offensiva o diffamatoria del messaggio, rendendosi quantomeno partecipi del (anche se non concorrenti nel) reato.

Anche il semplice utilizzo di una bacheca Facebook è potenzialmente idoneo, quindi, a raggiungere un numero indeterminato e potenzialmente infinito di persone: nel caso in cui il messaggio abbia un contenuto offensivo la condotta integra i requisiti del reato di diffamazione a mezzo stampa [1].

Questo è stato precisato anche dalla Suprema Corte, trattandosi di un reato che, con maggior frequenza rispetto ad altri, viene commesso su Internet e quindi sottoposto al vaglio dei giudici di merito e infine, in ultima istanza, alla Corte di cassazione. L'utilizzo di un sito Internet per la diffusione di immagini o scritti atti ad offendere un soggetto, è azione idonea a ledere il bene giuridico dell'onore: inoltre, essendo diretta ad un numero potenzialmente infinito di destinatari, integra il reato di diffamazione aggravata [2].

Bisogna inoltre tener presente che un blog, un forum o un sito Internet può essere oscurato (o "soggetto a sequestro preventivo" in termini legali) anche se vi sia solo il fondato sospetto che attraverso di esso sia stato commesso il reato di diffamazione. Lo ha precisato un'importante sentenza della Corte di cassazione a Sezioni Unite, di appena pochi giorni fa, che per la prima volta distingue, nel valutare tale reato, tra chi fa informazione giornalistica vera e propria da tutti gli altri casi: solo nella prima ipotesi si applicano le norme a tutela della stampa che impediscono il sequestro preventivo del giornale; negli altri casi, fermo restando il principio della libertà di espressione, la magistratura può decidere il sequestro preventivo a garanzia di eventuali interessi di terzi [3], come, in questo caso, del soggetto diffamato.

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[1] Art. 595 "Diffamazione" comma 3 cod. pen.

[2] Da ultimo Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 14 dicembre 2011, n. 46504.

[3] Cass. S.U., sent. n. 31022/15 del 17.07.2015.

Scritto da

Avv. Giovanni Bonomo

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