Accedere alla mail altrui è reato

Gli ermellini confermano che si tratta di "accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico protetto".

5 DIC 2017 · Tempo di lettura: min.
Accedere alla mail altrui è reato

Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione, accedere alla mail altrui, anche se si è in possesso della password, può essere reato.

"Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni". Questo è ciò che sancisce il primo comma dell'articolo 615-ter del Codice Penale, riguardante l'"Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico". Fra i reati inclusi in questo articolo rientra accedere alla mail altrui, pur essendo a conoscenza della password. La mail, infatti, è uno strumento privato che, proprio per questo, è protetto da apposite credenziali. La conferma arriva da una recente sentenza della Corte di Cassazione, quinta sezione penale.

Il caso

La vicenda presa in considerazione dalla Corte della Cassazione, con la sentenza n. 52572/2017, riguarda un'ex moglie che è entrata nell'account mail del marito senza permesso e, per dispetto, ha cambiato la password e la domanda di recupero. Secondo l'imputata, però, non si tratterebbe di reato, in quanto le credenziali di sicurezza non sono state rubate ma le sarebbero state date direttamente dall'ex marito. Per questo, secondo la donna, non dovrebbe trattarsi di accesso abusivo in quanto non è stato aggirato il sistema informatico per entrare in possesso delle credenziali. In più, la difesa dell'ex moglie ha affermato che non era realmente possibile individuare il proprietario della mail in quanto non conteneva dati anagrafici.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso della donna, in quanto "fondato è anche il rilievo sull'intervenuta estinzione del reato ex art. 615 ter, c.c., per perenzione del relativo termine massimo di prescrizione". Per questo la sentenza è stata annullata per prescrizione. In più il reato di ingiurie sancito dall'articolo 594 del Codice Penale è stato depenalizzato, per cui la nuova password offensiva inserita dall'ex moglie non cosistuisce più illecito penale ma solamente civile, con la possibilità di chiedere un risarcimento.

Nonostante in questo caso sia scattata la prescrizione, gli ermellini hanno confermato che questa vicenda rientra nel reato previsto dall'articolo 615 del Codice Penale: "Nel caso in esame la circostanza che la ricorrente fosse a conoscenza della password di accesso al sistema informatico non esclude il carattere abusivo dei due accessi da lei effettuati, in considerazione del risultato ottenuto - palesemente in contrasto con la volontà del titolare della casella elettronica - di determinare "il cambio della password con impostazione di una nuova domanda di recupero ed inserimento della frase" ingiuriosa".

In più la Corte Costituzionale sottolinea che questo comportamento ha escluso temporaneamente il proprietario dall'utilizzo della sua mail: "Come affermato, infatti, dall'orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, integra la fattispecie criminosa di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico protetto, prevista dall'art. 615 ter c.p., la condotta di accesso o di mantenimento nel sistema posta in essere da soggetto che, pure essendo abilitato, violi le condizioni e di limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l'accesso".

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