La violenza, anche se manifestata un'unica volta, fonda sia la pronuncia di separazione personale ma anche la domanda di addebito

Le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all′altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto

5 MAG 2023 · Tempo di lettura: min.
La violenza, anche se manifestata un'unica volta, fonda sia la pronuncia di separazione personale ma anche la domanda di addebito

Le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all′altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all′autore delle violenze. Il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell′adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei; è quanto statuito dalla Corte di Cassazione, sez.I, con la sentenza del 24/10/2022, n.31351. La vicenda sottoposta all′attenzione del Collegio vedeva protagonista Tizia, la quale proponeva ricorso per separazione con addebito nei confronti del marito Tizio innanzi al Tribunale di Siracusa, poiché egli aveva più volte tenuto una condotta violenta verso di lei ed i figli, provocando una profonda ed irrimediabile crisi coniugale; allo stesso modo, anche Tizio formulava domanda di addebito nei confronti della moglie. Il Tribunale pronunciava la separazione personale dei coniugi, ma rigettava entrambe le domande di addebito; Tizia, pertanto, impugnava la sentenza innanzi alla Corte di Appello di Catania, la quale rigettava il proposto gravame in virtù di mancanza di prova certa relativamente alle asserite violenze. In particolare, la Corte fondava la propria decisione, da un lato, sulla mancata indicazione di fatti specifici e concreti di atti di violenza, dall′altro, sull′assenza di prove documentali nonché di deposizioni di soggetti estranei al nucleo familiare confermativi della pretesa condotta violenta; non riteneva, in effetti, attendibili le deposizioni delle figlie della coppia, che, pur dichiarando di aver assistito a diversi episodi di violenza, venivano valutate eccessivamente generiche o comunque non del tutto attendibili. Tizia, pertanto, proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Catania. In buona sostanza, la ricorrente lamentava l′errata ricostruzione dei fatti da parte del giudice d′appello, culminata nella affermazione secondo la quale ella non avrebbe dedotto, a fondamento della domanda di addebito della separazione, fatti specifici e concreti di violenza fisica subiti dal marito in costanza del rapporto coniugale cui imputare la crisi del medesimo; invece, osservava Tizia nel ricorso innanzi alla Corte di Cassazione che sin dall′atto introduttivo del giudizio ella aveva precisato di trascorrere molto tempo con la figlia al fine di sfuggire agli atti persecutori posti in essere dal marito, detentore, tra l′altro, di diverse armi da fuoco e che il marito stesso più volte l′aveva seguita presso il bar dove si incontrava con la figlia, umiliandola e maltrattandola innanzi ai presenti. In istruttoria, produceva gli atti del procedimento penale nei confronti del marito per il reato di stalking con richiesta di ammonimento, il conseguente provvedimento adottato dal questore di Siracusa, una sequela di querele sporte sempre nei confronti di Tizio, nonché due schede individuali del pronto soccorso relative a lesioni diagnosticatele in seguito a due aggressioni subite dal suddetto. Rilevava, altresì, che le violenze e le aggressioni subite si evincevano anche dalle deposizioni rese dalle figlie; in definitiva, concludeva che il complesso delle allegazioni fornite dalla ricorrente nel corso del giudizio provava senza dubbio alcuno la molteplicità degli atteggiamenti contrari ai doveri nascenti dal matrimonio posti in essere da Tizio. Sulla scorta di tali premesse, la ricorrente denunciava, in primis, la violazione dei principi di cui agli artt. 99,112e183 c.p.c., dal momento che il giudice del merito aveva omesso di interpretare la domanda alla luce di tutte le allegazioni complessivamente fornite dalla parte istante; con il secondo motivo, si doleva della violazione dell′art. 151 c.c., comma 2, là dove la corte territoriale non aveva ritenuto ravvisabile nelle violenze subite da Tizia ed accertate attraverso l′istruttoria processuale documentale e testimonialeun comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio; infine, con il terzo motivo, lamentava la violazione e falsa applicazione dell′art. 111 Cost., commi 1 e 6, dell′art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per nullità della sentenza per difetto di motivazione, nonché motivazione apparente e violazione e falsa applicazione dell′art. 2727 c.c.e ss., là dove la corte di merito aveva svolto affermazioni inconciliabili rispetto, da una parte, ai rapporti conflittuali ed alle violenze perpetrate da Tizio nei confronti dei figli e di Tizia e, dall′altra, aveva ritenuto che non poteva con certezza trarsi dal carattere autoritario del marito la circostanza che seguissero atti di violenza dello stesso nei confronti della moglie e dei figli. Ebbene, la Corte di Cassazione accoglie i motivi di impugnazione testè riportati, valutando fondato il ricorso in virtù delle seguenti considerazioni. Le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge ai danni dell′altro, rappresentano violazioni talmente gravi dei doveri coniugali da giustificare di per sé sole sia la pronuncia di separazione personale che la dichiarazione della sua addebitabilità all′autore delle stesse; il loro accertamento esonera financo il giudice dall′obbligo di procedere alla comparazione col comportamento del coniuge che ha subito le violenze, essendo atti comparabili solo con comportamenti omogenei, quand′anche dette condotte si concretino in un singolo atto di violenza, restando addirittura irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale (così, Cass., 3925/2018 e Cass., 7388/2017). Ciò premesso, il Collegio censura l′operato della Corte di Appello di Catania, la quale ha omesso di valutare una serie di atti, quali querele, provvedimenti del questore, referti ospedalieri, suscettibili di evidenziare le violenze cui era sottoposta Tizia. Tale omissione ha determinato una motivazione apparente, illogica e contraddittoria anche in riferimento alle prove testimoniali. A tal riguardo, rileva la Corte di Cassazione che pur avendo i giudici d′appello dato atto che i testimoni sentiti nel corso dell′attività istruttoria erano a conoscenza delle aggressioni perpetrate ai danni di Tizia, valutavano le relative deposizioni come non sufficientemente specifiche. Tale valutazione, tuttavia, contrasta con la circostanza, provata nel corso del giudizio e non altrimenti contraddetta, che Tizia veniva percossa dal marito ogni qual volta interveniva per difendere i figli, a loro volta percossi dal padre: ciò delinea, in ultima analisi, un quadro di relazione improntato alla violenza che per la sopra ricordata giurisprudenza integra il comportamento contrario ai doveri di rispetto personale che debbono connotare la relazione fra coniugi. Il ricorso va dunque accolto. Ciò stante, si tra da Cass., sez.I, 24/10/2022, n.31351 il seguente principio di diritto: Le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all′altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all′autore delle violenze. Il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell′adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei.

Scritto da

Studio Legale Sarappa

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