Giurisprudenza in materia di famiglia marzo-aprile 2023

Si pubblicano alcune delle recenti pronunce di marzo ed aprile 2023 della Suprema Corte in materia di diritto di famiglia

20 APR 2023 · Tempo di lettura: min.
Giurisprudenza in materia di famiglia marzo-aprile 2023

1. NESSUN AUMENTO DELL' ASSEGNO DIVORZILE IN CASO DI PERDITA DELL'ASSEGNAZIONE DELLA CASA CONIUGALE

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9500 del 6 aprile 2023, ha stabilito che la perdita dell'assegnazione della casa coniugale non ha come conseguenza il riconoscimento di un incremento dell'assegno divorzile. Secondo la Corte, il fatto che un figlio raggiunga l'indipendenza economica e, di conseguenza, la privazione dell'assegnazione della casa coniugale per la madre, sono circostanze prive di fondamento giuridico per un incremento del quantum di assegno divorzile. Nel caso di specie, la Suprema Corte, ha respinto l'istanza presentata da una madre volta ad ottenere un aumento dell'assegno divorzile a seguito della revoca dell'assegnazione della casa coniugale.

2. IL DANNO ENDOFAMILIARE DA MANCANZA FIGURA PATERNA

La Corte di Cassazione, in materia di danno endofamiliare, con l'ordinanza n. 9293/2023, ha ritenuto sussistente il danno non patrimoniale derivante dal dolore e/o turbamento del figlio in conseguenza della mancanza della figura paterna per tutta la vita, precisando che, trattandosi di beni immateriali, particolare rilievo assume la prova presuntiva. Nel caso di specie, unico fatto noto e certo era la totale assenza del padre nella vita quotidiana del figlio. Come precisato dalla Suprema Corte, applicando a tale fatto noto le comuni regole di esperienza (dalle quali discende che l'assenza del padre ingenera profonda sofferenza), deve ritenersi provato il danno non patrimoniale.

3. AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO E LIBERTA' DI AUTODETERMINAZIONE

Con l'ordinanza n. 8413/2023 del 23 marzo 2023, la Suprema Corte è tornata ad occuparsi dell'istituto dell'amministrazione di sostegno, ribadendo come quest'ultimo non possa privare il beneficiario della libertà di autodeterminarsi, diritto fondamentale della persona. La Suprema Corte conferma ancora una volta l'ormai noto principio in virtù del quale "l'amministrazione di sostegno ha la finalità di offrire a chi si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi per effetto di un'infermità o di una menomazione fisica o psichica, e si configura come strumento di assistenza che deve sacrificare nella minor misura possibile la capacità di agire". L'istituto dell'amministrazione di sostegno, pur non esigendo una vera e propria incapacità di intendere e volere, presuppone comunque la sussistenza di una condizione di menomata capacità che non consenta alla persona di provvedere ai propri interessi. Tuttavia, non può essere disposta nei confronti di chi si trova nella piena capacità di autodeterminarsi anche se in condizioni di menomazione fisica. Il ricorso all'istituto in siffatte circostanze implicherebbe una ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona ed una lesione di un diritto fondamentale.

4. OBBLIGAZIONE DEI NONNI: SUBORDINATA E SUSSIDIARIA RISPETTO A QUELLA DEI GENITORI

Con la sentenza n. 8980 del 30 marzo 2023, la Suprema Corte torna ad occuparsi dell'obbligazione degli ascendenti di pari grado dei genitori. Secondo la Corte, l'obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari all'adempimento dei doveri genitoriali, va inteso non solo nel senso che l'obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella primaria dei genitori, ma altresì nel senso che agli ascendenti non ci si può rivolgere per l'ottenimento di un sussidio economico per il mero fatto che uno dei due genitori non fornisce il proprio contributo al mantenimento dei figlio se il genitore istante è in grado di mantenerli.

5. RICONOSCIMENTO DEL FIGLIO E OPPOSIZIONE AL COGNOME PATERNO

Secondo la Corte di Cassazione, la madre non può opporsi al riconoscimento con attribuzione del cognome del padre naturale solo per la sua immoralità e le caratteristiche somatiche, ma è necessaria la prova di un grave pregiudizio per la crescita del minore. Ciò è quanto precisato dalla Suprema Corte con l'ordinanza n. 8762 del 28 marzo 2023. Secondo i Giudici, il diritto al riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio può essere sacrificato solo in presenza di gravi ed irreparabili motivi tali da compromettere in modo irreversibile lo sviluppo psico-fisico del minore. Nel giudizio volto al riconoscimento del figlio minore, è infatti necessario operare un bilanciamento concreto tra opposti interessi, quali l'esigenza di affermare la verità biologica e l'interesse di preservare i rapporti familiari nonché lo sviluppo del minore.

6. VIOLENZE VERBALI POSSONO CONFIGURARE IL REATO DI MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA

Secondo la Corte di Cassazione, le reiterate violenze verbali sono idonee a determinare un turbamento psichico e possono configurare il reato di maltrattamenti in famiglia. Ciò è quanto emerge dalla sentenza n. 11137 del 15 marzo 2023 della Corte di Cassazione, sezione penale, che sottolinea come "la struttura della fattispecie di cui all'art. 572 c.p. non circoscrive l'incidenza penalistica della condotta entro il perimetro di una specifica forma di violenza". Si tratta infatti di un reato a forma libera che, come tale, attribuisce rilievo anche alle violenze verbali, in quanto idonee a determinare un costante stato di sofferenza.

7. AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO E REATO DI PECULATO

La Corte di Cassazione, sezione VI penale, con la sentenza n. 15111 dell'11 aprile 2023, sottolinea che integra il delitto di peculato la condotta dell'amministratore di sostegno che, essendo abilitato ad operare sui conti intestati al beneficiario, si appropria di somme di denaro in questi ultimi giacenti per finalità non autorizzate o comunque estranee all'interesse del beneficiario. E ciò vale anche nel caso in cui la persona dell'amministratore di sostegno coincida con quella di figlio.

8. NATURA ASSISTENZIALE E PEREQUATIVA-COMPENSATIVA DELL'ASSEGNO DIVORZILE

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 8162 del 22 marzo 2023, chiarisce che all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi natura assistenziale e natura perequativa-compensativa. Quest'ultima è da intendersi come declinazione del principio di solidarietà dal quale deriva il riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge istante il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare. Pertanto, il riconoscimento dell'assegno richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. Nello specifico, occorre effettuare una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune nonché a quello personale in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto. L'assegno divorzile è quindi dovuto quando uno degli ex coniugi risulti non autosufficiente ovvero quando il matrimonio è stato causa di uno spostamento patrimoniale dall'uno all'altro coniuge, ex post diventato ingiustificato, che deve essere perciò corretto attraverso la corresponsione dell'assegno divorzile in funzione compensativa-perequativa, ossia finalizzato a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a occasioni professionali e reddituali.

9. RIPARTIZIONE DELLE SPESE STRAORDINARIE

Secondo l'autorevole insegnamento della Suprema Corte, le spese straordinarie relative ai figli, in caso di genitori separati, non vanno necessariamente ripartite al 50%, ma occorre tenere conto delle sostanze patrimoniali disponibilità nonché della capacità lavorativa di ogni genitore. Ciò è quanto ricordato con l'ordinanza n. 6933 dell'8 marzo 2023. Nello specifico, secondo la Corte, in merito alla ripartizione delle spese straordinarie, si legge nella pronuncia, "la determinazione dell'assegno di mantenimento periodico deve tenere conto dei redditi dei genitori, delle ulteriori sopravvenienze economiche, dei risparmi, della disponibilità di alloggio di proprietà, con la considerazione delle esigenze attuali dei figli e del tenore di vita da loro goduti nonché dei tempi di permanenza degli stessi presso ciascuno dei genitori e della valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti" (Cass. Civ. n. 28483/2023). Mentre, le spese straordinarie, poiché concernenti costi imprevedibili e imponderabili che esulano dall'ordinario regime di vita dei figli e, per tale ragione, non facilmente inseribili in un assegno con cadenza periodica, devono essere ripartite tenendo conto del duplice criterio delle capacità patrimoniali di ogni genitore e della loro capacità lavorativa. Da ciò consegue che "la quantificazione della contribuzione straordinaria, pur mutando i criteri già indicati per l'assegno di mantenimento quanto alla comparazione dei redditi dei genitori ed alla opportuna proporzionalità della partecipazione, non assolve un'esigenza anche direttamente perequativa, come l'assegno di mantenimento perché la contribuzione straordinaria ha la funzione di assicurare la provvista per specifiche esigenze dei figli, ove concordate tra i genitori e da questi ritenute proporzionate all'interesse dei minori, e ciò, evidentemente, tende a riverberarsi nello specifico apprezzamento che il giudice di merito deve compiere per stabilirne la ripartizione".

Scritto da

Avv. Maestranzi Patrizia

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