Alienazione parentale: è una sindrome?

La PAS non è riconosciuta ufficialmente né dal mondo scientifico né da quello accademico.

5 APR 2019 · Tempo di lettura: min.
Alienazione parentale: è una sindrome?

Il libro “Nodi e snodi dell'alienazione parentale” di Marco Pingitore cerca di fare chiarezza su questa tematica.

Negli ultimi anni, si è sentito spesso parlare della cosiddetta “sindrome di alienazione parentale” (PAS, dall'inglese Parental Alienation Syndrome). Eppure, il concetto proviene dagli anni ’80 e dallo psicologo Richard Gardner che la definì come “un disturbo che insorge primariamente nel contesto di conflitti sull’affido dei figli. La sua principale manifestazione è la campagna denigratoria di un bambino contro un genitore, campagna che non ha giustificazione”.

Secondo questo studioso, dunque, questa sindrome porterebbe i figli a provare ostilità nei confronti di uno dei genitori. Questo succederebbe, secondo la definizione stessa della PAS, perché l’altro genitore metterebbe in atto una sorta di “lavaggio del cervello” nei confronti dei bambini che, come risultato, proverebbero odio nei confronti del genitore alienato, senza, però, motivi oggettivi né giustificazioni reali.

Questa presunta sindrome viene utilizzata soprattutto nei casi di separazione e divorzio, principalmente dai padri, per evitare che si giunga all’affidamento esclusivo dei figli alla madre. Tuttavia è bene ricordare che, in Italia, i dati dimostrano che negli ultimi 10 anni, i tribunali tendono a scegliere sempre più l’affidamento condiviso, seguendo il principio di bigenitorialità, che quello esclusivo. In più, la PAS non è riconosciuta ufficialmente dal mondo scientifico e accademico.

A fare un po’ di chiarezza ci pensa l’ultimo libro dello psicologo e CTU Marco Pingitore, “Nodi e snodi dell'alienazione parentale” che, in un’intervista al sito Studio Cataldi parla di alienazione parentale, mostra il suo disaccordo con la teoria di Gardner, affermando che non si può parlare né di sindrome né di patologia.

Nella sua definizione, infatti, spiega che:

“L'alienazione parentale è possibile rilevarla solo nei contenziosi legali di separazione. Essa rappresenta l'impossibilità di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo tra genitore e figlio principalmente a causa dei comportamenti devianti dell'altro genitore incube. Tali comportamenti tendono a svalorizzare le capacità di comprensione e decisione del figlio fino a provocare un vero e proprio rifiuto di quest'ultimo nei confronti del genitore succube il quale rivestirà un ruolo sempre più passivo e marginale”.

Pingitore, dunque, non nega l’esistenza dell’alienazione parentale (anche se non la cataloga né come sindrome né come patologia) ma semplicemente lo definisce come “processo psicologico che si sviluppa con il contributo dei membri del sistema padre-madre-figlio in cui l'unica vittima è il bambino”.

Tuttavia, Pingitore ricorda che “è necessario chiarire che si può rilevare l'alienazione parentale solo in assenza di condanne penali del genitore rifiutato per reati commessi nei confronti del figlio”. Secondo le associazioni e organizzazione (come i centri D.i.Re) che difendono i diritti delle donne, soprattutto nei contesti di violenza, il rischio è quello che questo fenomeno (così come la presunta sindrome) possa essere utilizzato dai padri colpevoli di violenza domestica nei casi in cui la moglie stia cercando di proteggere i suoi figli. In questi casi, ad esempio, l’ostilità dei figli sarebbe una reazione ai comportamenti violenti del genitore.

Cosa succede a livello legale?

“Dipende dai Tribunali”, afferma Pingitore, “In ogni caso, è possibile infliggere una limitazione della responsabilità genitoriale o addirittura la perdita. Alcuni Tribunali sanzionano il genitore irresponsabile utilizzando lo strumento del 709-ter c.p.c.”. Secondo questo esperto, infatti, non ci sarebbe alcuna necessità di introdurre il reato di alienazione parentale, in quanto la legge già dispone degli strumenti anche se non nega che “potrebbe essere utile una riforma che chiarisca il significato di diritto relazionale del figlio in caso di separazione dei genitori”.

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