Un uxoricidio ogni due giorni e mezzo: inasprite le pene con la legge contro il femminicidio

Il numero delle donne uccise per mano degli uomini è molto alto. Continua la lotta contro la violenza femminile grazie al decreto legge approvato dal governo Letta.

16 OTT 2013 · Tempo di lettura: min.
Sono 65 gli omicidi di donne avvenuti nei primi sei mesi del 2013 in Italia. Foto:  Wikipedia.

Nel 2013, la media degli uxoricidi in Italia è ancora molto alta.

Infatti, ammontano a 65 gli omicidi di donne avvenuti nei primi sei mesi del 2013 per mano di coniugi o ex partner, con una media di un omicidio ogni due giorni e mezzo.

Ormai, il tema della violenza domestica sulle donne è divenuto di dominio pubblico, sono sempre più le trasmissioni televisive, gli articoli di giornale che cercano di sensibilizzare l'opinione pubblica su questo argomento invogliando le donne a parlare.

Ebbene sì, questo è uno dei problemi, forse il problema principale dicono gli esperti: le donne troppo spesso non denunciano gli atti di violenza di cui sono vittime e frequentemente in questo modo sono loro stesse a causare la propria morte.

In Italia la legislazione in materia è molto recente, solo negli ultimi trent'anni si è iniziato a pensare che non fosse “naturale" uccidere la propria donna o sorella in caso di pubblica lesione dell'onore familiare.

Le lotte del '68 sono riuscite a rivendicare più autonomia per le donne, però, hanno tralasciato un diritto prioritario e fondamentale, quello alla vita, senza il quale non ci può essere nessuna scelta di aborto o divorzio.

Infatti, bisogna aspettare il 1981 con la legge n. 442 del 5 agosto e l'abrogazione dell'art. 544 del codice penale, per vedere una concreta volontà legislativa nell'affrontare il problema.

Prima del 1981, quindi, il diritto d'onore veniva punito in forma più lieve rispetto ad altre forme di omicidio e inoltre, era giuridicamente legittimato il matrimonio tra uno stupratore e la sua vittima, il cosiddetto matrimonio riparatore.

Queste prime forme di tutela femminile sono il frutto di un passo precedente, avvenuto nel 1975 con il riconoscimento della parità dei coniugi a seguito di una modifica del diritto di famiglia.

Quindi, fino agli anni '70, “i panni sporchi si dovevano lavare in famiglia" ed era impensabile che una donna soggetta a violenza domestica potesse denunciare il fatto. In effetti, con chi avrebbe potuto parlare della cosa?

Qualora l'avesse fatto, probabilmente i familiari le avrebbero consigliato di non lamentarsi perché altrimenti il marito l'avrebbe picchiata più forte e il sacerdote l'avrebbe spinta a pregare di più, e poi? La donna vittima di violenze domestiche rimaneva sola.

Per vent'anni la questione violenza femminile non entra più nelle sale di Montecitorio, come se fosse stato sufficiente riconoscere il problema per sconfiggerlo.

Dal 2001 ricomincia la legislazione in materia ed inizia a prendere corpo un vero e proprio assetto normativo organico. Infatti, con la legge 154 del 2001 il giudice può ordinare a tutela della donna, l'allontanamento dell'uomo dalla dimora e dai luoghi da lei più comunemente frequentati.

Attraverso la cosiddetta legge sullo stalking (L.38/2009) il legislatore italiano ha compreso quanto fosse necessario, in questi casi, agire in maniera preventiva. Infatti, per la prima volta, viene riconosciuto come reato la persecuzione continuativa ed inizia un processo di sensibilizzazione per spronare le vittime ad affrontare le loro paure e denunciare i propri uomini.

Infine, il governo Letta lo scorso 8 agosto, attraverso un decreto legge detto “contro il femminicidio" affronta la questione con i seguenti obiettivi: punire e prevenire queste forme di violenza, inasprire le pene e proteggere in maniera più efficace le vittime.

Il decreto legge rendendo attuativi i principi promossi dalla Convenzione del Consiglio d'Europa di Istanbul del 11 maggio 2011, agisce sull'assetto normativo con le seguenti modalità: instaura l'arresto in flagranza per maltrattamento e stalking, inasprisce le pene in caso di violenza su donne in gravidanza, concede il permesso di soggiorno alle vittime straniere di violenze.

Mentre continuano ad impazzare sulle cronache nazionali nuovi casi di femminicidi, speriamo che queste leggi ed il parlare diffusamente del tema, alimenti un nuovo senso comune dove si comprenda da un lato che la diversità e prima fra tutte quella di genere, è una ricchezza da rispettare e tutelare; dall'altro che la violenza non è lo strumento adatto per risolvere nessuna tipologia di problema ed in questo modo, ricordiamo agli uomini che “la donna non si tocca neanche con un fiore!".

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Scritto da

Chiara Bardari

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