La sindrome da alienazione parentale

Affidamento esclusivo del minore a favore del coniuge che non si sia reso colpevole di allontanare il figlio dall'altro genitore

13 APR 2016 · Tempo di lettura: min.
La sindrome da alienazione parentale

Il genitore presso cui i figli risiedono, anche dopo la separazione e il divorzio deve fare in modo che essi mantengano rapporti sereni e costanti con l'altro genitore. In caso contrario, egli perderà l'affidamento condiviso. È quanto chiarito dalla Cassazione in una recente Sentenza (n. 6919/2016).

Il Giudice, in un giudizio di separazione dei coniugi, nel determinare a quale genitore affidare i figli, dovrà verificare se in capo ad uno dei due vi siano gravi colpe inerenti i suoi doveri verso la prole. Un esempio è l'ipotesi in cui sia palese il tentativo di allontanare il figlio dall'altro genitore, demolendone la figura con denigrazioni di vario genere.

Il Tribunale, in tali circostanze, dovrà preferire l'affidamento esclusivo a quello condiviso (che, invece, è la regola generale). La Suprema Corte, nell'affermare questo importantissimo principio, ha valutato la possibile presenza della cosiddetta "PAS", ossia la sindrome di alienazione parentale.

Una volta verificato ciò – al di là se la PAS sia una patologia effettiva o meno – di certo il genitore colpevole perde l'affidamento del figlio. Essa potrà essere accertata anche tramite presunzioni, limitandosi a verificare la veridicità in fatto dei comportamenti tenuti dal coniuge colpevole.

Anche dopo il divorzio o la separazione, infatti, persiste in capo al padre ed alla madre l'obbligo di far in modo che il figlio mantenga sereni e costanti rapporti con l'altro genitore, a tutela del diritto del minore alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena.

Scritto da

Studio legale Giaccardi-Laurino

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