Rischia il carcere chi versa solo in parte il mantenimento

L'ex marito aveva versato solamente poco più del terzo del dovuto all'ex coniuge.

8 AGO 2019 · Tempo di lettura: min.
Rischia il carcere chi versa solo in parte il mantenimento

Quali sono le pene per l’ex coniuge che paga solo una minima parte dell’assegno di mantenimento? Ecco la sentenza in merito della Corte di Cassazione.

In seguito a una separazione, il tema del mantenimento può essere uno degli scogli nella relazione fra ex coniugi. Cosa succede, ad esempio, se l’ex coniuge paga solo una piccola parte del mantenimento dovuto? Rischia di finire in carcere o una multa secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 30184/2019.

Innanzitutto, bisogna ricordare che, nell’articolo 570 del Codice Penale relativo alla “Violazione degli obblighi di assistenza familiare”, il secondo comma sancisce che “è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro […] Le dette pene si applicano congiuntamente a chi: […] fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa”.

La vicenda

Un uomo era stato condannato sia dal Tribunale di Ancona che dalla Corte d’Appello, ai sensi dell’articolo 570 co. 2 del codice penale, per “aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla moglie separata”. L’uomo, in seguito a queste decisioni, aveva deciso di presentare ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

I giudici della Corte di Cassazione hanno dichiarato inammissibile il ricorso dell’uomo, confermando la condanna dell’ex coniuge proprio ai sensi dell’articolo 570 co. 2 del codice penale per la violazione degli obblighi di assistenza familiare.

La decisione della Corte di Cassazione

Quali sono stati i motivi che hanno portato gli ermellini a prendere questa decisione? Durante il processo era stato attestato che l’ex coniuge, a fronte di un importo dell’assegno di mantenimento di 500 euro mensili, aveva versato complessivamente, nel corso del periodo di quasi cinque anni e mezzo, poco più di un terzo del dovuto.

L’ex moglie, per mancanza di fondi, aveva dovuto chiudere la sua agenzia immobiliare, trovandosi poi in una situazione di “totale degrado e abbandono” e in uno “stato di crisi totale sotto il profilo economico”, secondo quanto riportato dalla Corte d’Appello. In più, l’ex marito, in nessun momento aveva mai sollecitato la modifica della misura dell’assegno di mantenimento stabilito nel 2014.

Il Tribunale Civile di Ancona, inoltre, aveva tenuto ferma l’entità dell’assegno di mantenimento, in ragione degli accertati “plurimi interessi professionali e imprenditoriali” dell’uomo. Per questo motivo, sono state ritenute irrilevanti dai giudici le dichiarazioni dei redditi presentate “essendo stato ritenuto implausibile che il pervenuto potesse “sostenere spese assai elevate”, per i dipendenti del proprio studio professionale, “senza praticamente incassare alcunché””.

“L’inesistenza di una situazione di incapacità di adempiere”, inoltre, secondo la Corte di Cassazione è dimostrata anche dal fatto che, anche dopo la separazione, l’ex marito “ha continuato a svolgere la propria attività di geometra (ricevendo “incarichi remunerativi”, a tal fine esemplificati), come pure quella di imprenditore edile, collaborando inoltre con l’agenzia di intermediazione immobiliare della nuova compagna”.

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