Maltrattamento animali: la normativa

Il reato di maltrattamento di animali non prevede solamente una condotta attiva ma anche omissiva.

11 OTT 2017 · Tempo di lettura: min.
Maltrattamento animali: la normativa

Qual è la normativa di riferimento per il maltrattamento di animali? Quali sono le sanzioni e le pene previste?

Alla fine dell'estate sono molti i cani che sono stati abbandonati durante le vacanze. Oltre all'abbandono, gli animali possono essere vittime anche di maltrattamenti. La normativa italiana, in particolare con la legge n. 189/2004, ha introdotto l'articolo 544-ter all'interno del Codice Penale, riguardante proprio il reato di maltrattamento degli animali:

"Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.

La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale".

Le pene previste e contenute in questo articolo sono state inasprite dalla legge n. 201/2010, portando così la fattispecie a livello di reato. Grazie a queste leggi, infatti, viene riconosciuta la tutela degli animali in quanto esseri viventi, con una propria soggettività e non unicamente come proprietà privata.

All'interno dell'articolo vengono precisati alcuni tipi di maltrattamento come il doping che spesso viene utilizzato per usare gli animali all'interno delle competizioni, causandogli danni di tipo fisico. L'articolo include, inoltre, sevizie, fatiche o lesioni che possano mettere a repentaglio la vita dell'animale. Tuttavia, come affermato attraverso alcune sentenze della Corte di Cassazione (n. 46291/2003), con il termine "lesioni" non si indica solamente quelle fisiche ma anche la sofferenza: "non è richiesta la lesione fisica all'animale, essendo sufficiente una sofferenza, poiché la norma mira a tutelare gli animali quali esseri viventi capaci di percepire con dolore comportamenti non ispirati a simpatia, compassione ed umiltà".

È necessario ricordare, inoltre, che il reato di maltrattamento di animali non prevede solamente una condotta attiva, ad esempio una lesione diretta all'animale, ma anche omissiva, ad esempio non prendersi cura dell'animale in caso di malattia, provocando sofferenza.

L'ultimo comma dell'articolo, inoltre, presenta l'aggravante in caso di morte dell'animale. Tuttavia, bisogna distinguere due casi. Per il reato sancito dall'articolo la morte dev'essere colposa, ossia una conseguenza non voluta del maltrattamento. Per la morte dolosa, ossia cagionare volontariamente e coscientemente la morte dell'animale, interviene l'articolo 544 bis del Codice Penale: "Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni".

Il reato di maltrattamento di animali è perseguibile d'ufficio. I cittadini possono denunciare il reato direttamente alle autorità competenti, ad esempio alla polizia o ai carabinieri, o alle associazioni animaliste o altri enti riconosciuti che si occupano della tutela degli interessi degli animali. Alcuni soggetti in particolare, come i veterinari, inoltre, hanno l'obbligo di denunciare i casi di maltrattamento di animali.

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