Licenziamento dopo malattia

Inviata da Rina. 14 dic 2015 Licenziamento

Gentili signori,
a giugno 2014 sono stata tamponata, di conseguenza ho riportato frattura vertebrale e varie lesioni lombari che hanno impedito il mio ritorno per riprendere la mia mansione. Superando il comporto di malattia, ho deciso di chiedere aspettative senza stipendio per 6 mesi, dopo questa scadenza il medico del lavoro ha certificato la mia non idoneità provvisoria con revisione dopo un altro trimestre. Mi hanno concesso un altro trimestre di aspettativa sempre senza stipendio e finalmente dopo l'ultimo controllo con il medico del lavoro loro hanno deciso che non sono più idonea. Hanno detto che avrebbero cercato di assegnarmi un altra mansione, cosa che non è successa, e mi hanno inviata una lettera convocandomi a una riunione in sede dell'ispettorato del lavoro della mia regione. A questo punto, ignorante rispetto a quello che mi può aspettare vorrei chiedervi aiuto. Grazie in anticipo.

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Salve,
come ben noto, il principio previsto dall’art. 2110 codice civile prevede che nel caso di malattia del lavoratore il datore possa recedere dal rapporto di lavoro solo dopo il decorso del periodo di conservazione del posto di lavoro fissato dalla legge e dai contratti collettivi (c.d. periodo di comporto, come da lei evidenziato).
Ciò al fine di impedire al datore di lavoro di porre fine unilateralmente al rapporto sino al superamento del limite di tollerabilità dell’assenza , tenendo dunque conto degli interessi sia del datore stesso sia del lavoratore, così riversando sull’imprenditore il rischio della malattia del dipendente.
Superato il periodo di comporto la legge prevede che il lavoratore non possa essere automaticamente licenziato: ben può esservi un aspettativa non retribuita dal datore (ma garantita dall'INAIL). Alla fine di tale aspettativa, o in alternativa ad essa, il datore di lavoro deve fornire una soluzione che contemperi l'interesse del lavoratore a rimanere nel posto di lavoro nonostante la minorata capacità lavorativa: può esservi un demansionamento volontario o un cambio di mansione da operativo a amministrativo, ad esempio. Tutto questo procedimento deve essere effettuato in concerto con i sindacati o l'ufficio Territoriale del lavoro. Nel suo caso credo che la lettera inviatale sia un invito per prender parte a tale procedimento. Il licenziamento può esserci, ma è solo un extrema ratio attivabile nel caso in cui nessuna mansione, all'interno della sua azienda, sia confacente alla sua nuova condizione fisica.
Le consiglio l'assistenza di un professionista terzo e imparziale in tale procedimento, in modo da aver certezza che i suoi diritti siano tutelati.
Cordiali saluti,
Alessandro Scavo, Studio Legale Scavo

Studio Legale Scavo Avvocato a Bari

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