Trasmettere la partita criptata al circolo non è reato se manca lo scopo di lucro
Anche in mancanza di accordo con il distributore non sussiste alcun illecito a carico del gestore del circolo che mette gratuitamente a disposizione dei soci smart card e decoder.
Il Tribunale di Bari affronta la vicenda che vede imputato il gestore di un circolo ricreativo per il reato di cui all'art. 171-ter della legge 633/41 (come sostituito dalla L. n. 648 del 18/8/2000), il quale sanziona la condotta di chi, per uso non personale e a fini di lucro, in assenza di accordo con il legittimo distributore, ritrasmette o diffonde con qualsiasi mezzo un servizio criptato ricevuto per mezzo di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato.
Già in passato la Cassazione aveva affrontato un caso simile, relativo al gestore di un pub che aveva messo a disposizione la propria smart card domestica per trasmettere nel suo locale partite di calcio criptate: in quell'occasione la Corte statuì che il reato in questione sussiste senz'altro qualora il legittimo detentore della smart card ad uso domestico la impieghi per diffondere pubblicamente programmi a pagamento in assenza di accordi col distributore, ma allo stesso tempo aveva posto l'attenzione sulla nozione di "trasmissione".
Non può rientrare cioè in tale novero "la mera condotta di chi associa sé stesso ad altre persone nella fruizione dello spettacolo televisivo, a prescindere dalla liceità o meno di ciò sul piano contrattuale e quindi civilistico; ciò che si verifica di norma quando manca il fine di lucro", aspetto che ha condotto all'assoluzione dell'imputato, il quale non aveva affatto pubblicizzato la propria intenzione di trasmettere il programma criptato in quella data serata.
Infatti non solo la diffusione di quella trasmissione non era obiettivamente finalizzata ad attrarre un maggior numero di clienti, ma alla prova dei fatti all'interno del pub al momento degli accertamenti erano presenti pochissimi avventori e nulla lasciava trapelare che fosse stato dagli stessi corrisposto un sovrapprezzo in virtù del programma in onda. [1]
Quanto stabilito dalla Cassazione nel 2012 può agilmente trovare riscontro anche nel caso odierno: il principio sopra riportato fa riferimento ad un'attività commerciale ed a maggior ragione può trovare applicazione per quanto concerne un circolo ricreativo, che, per statuto, non persegue alcuna finalità di lucro; nulla lascia intendere che la partita fosse stata trasmessa allo scopo di attrarre spettatori estranei ai soci registrati, dal momento che anche in questo caso al momento degli accertamenti la Guardia di Finanza aveva riscontrato la sola presenza di quattro persone, nessuna delle quali aveva pagato somme o biglietti per la visione.
Escluso pertanto il fine di lucro sulla base di quanto sinora riportato, il Tribunale di Bari assolve il gestore perché il fatto non sussiste. [2]
[1] Cass. sent. n. 7051 del 2/12/2012
[2] Tribunale Penale di Bari, Sez. II, sent. n. 1413/17 del 28/3/2017.