Risarcimento danni da emotrasfusione sanguigna infetta

Risarcimento danni da emotrasfusione sanguigna infetta subita al momento della nascita e la responsabilità del Ministero.

1 MAG 2017 · Ultima modifica: 16 MAG 2017 · Tempo di lettura: min.
Risarcimento danni da emotrasfusione sanguigna infetta

La Terza Sezione del Tribunale Civile Palermo, con sentenza n. 3257/2015, ha condannato il Ministero della Salute a risarcire la nostra assistita dei danni subiti per avere contratto il virus dell'HCV (meglio nota come epatite C) in seguito alla somministrazione di emoderivati cui la stessa venne sottoposta nel 1977 al momento della nascita, a seguito di complicanze legate alla gravidanza.

La vicenda, nella sostanza, è purtroppo simile a quella di altri nostri assisti rimasti vittime di emotrasfusioni sanguigne infette che, in particolare negli anni settanta e ottanta, venivano eseguite omettendo di effettuare i doverosi controlli. La sentenza in esame riconosce la responsabilità extracontrattuale del Ministero della Salute per avere omesso di adottare tutte le misure di verifica e puntuale controllo, che al medesimo competevano in forza di un quadro normativo di carattere generale e specifico, sull'attività di produzione e commercializzazione del sangue umano ed emoderivati, al fine di evitare la diffusione di sangue infetto, produttivo delle patologie virali con danni alla salute nei pazienti sottoposti alla trasfusione.

Aderendo alla nostra tesi difensiva, il Tribunale di Palermo ha, dunque, condannato il Ministero titolo di responsabilità extracontrattuale per omissione colposa avendo il Tribunale accertato che l'evento lesivo subito dall'attrice non si sarebbe verificato se il Ministero avesse tenuto un comportamento alternativo di prevenzione e non avesse omesso di esercitare il dovuto controllo nella materia di impiego del sangue umano per uso terapeutico.

Di particolare rilievo è quanto affermato dal Tribunale in ordine al grado di conoscenza che il Ministero aveva dell'esistenza del virus dell'epatite già a partire dai primi anni '70.

Il Giudice ha, dunque, condannato il Ministero della Salute non essendosi adoperato ad eseguire capillari controlli su ogni campione di sangue prelevato per le donazioni secondo i test di rilevazione del virus disposti già all'epoca dalla comunità scientifica in modo da escludere dai donatori chiunque presentasse valori di transaminasi alterati per evitare il diffondersi del contagio.

Tra l'altro, come rilevato anche noi, e condiviso anche dal Tribunale, il Ministero della Salute ha omesso del tutto di predisporre un sistema adeguato di vigilanza malgrado ne avesse l'obbligo in forza della normativa vigente.

La sentenza si sofferma, inoltre, su una questione già ampiamente dibattuta e risolta con l'intervento delle Sezioni Unite del 2008 in ordine alla prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c. affermando che il dies a quo della decorrenza del suddetto termine decorre dal momento in cui la malattia viene percepita o può essere percepita come danno ingiusto che non coincide necessariamente con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui alla L. 210 del 1992, art. 4, ma con la proposizione della relativa domanda amministrativa.

Infine, il Giudice ha tenuto conto del danno biologico accertato in sede di consulenza medico - legale per pervenire ad una quantificazione del danno subito dall'attrice secondo le tabelle in uso presso il Tribunale di Milano, conformemente agli orientamenti condivisi dalla giurisprudenza di merito e di legittimità.

Avv. Carlo Riela

Scritto da

Studio legale Riela

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