RIFIUTATA LA RICHIESTA DI DUE MAMME GAY DI RICONOSCERE IN ITALIA IL NEONATO.

Con la Sentenza n. 7668/2020, la Corte di Cassazione si è occupata della possibilità per due mamme omosessuali di riconoscere il figlio.

8 APR 2020 · Tempo di lettura: min.
RIFIUTATA LA RICHIESTA DI DUE MAMME GAY DI RICONOSCERE IN ITALIA IL NEONATO.

Con la Sentenza n. 7668/2020, la Corte di Cassazione si è occupata della possibilità per due mamme omosessuali di riconoscere il figlio concepito all'estero con fecondazione assistita, ma nato in Italia.

Nella fattispecie posta all'attenzione della Suprema Corte, due donne, che si sono recate all'estero al fine di procedere con la fecondazione medicalmente assistita (una delle due donne è la madre biologica, l'altra la "genitrice intenzionale, avendo dato assenso alla procreazione), si sono viste rifiutare, da parte dell'Ufficiale di Stato Civile, la richiesta di ricevere la dichiarazione congiunta di riconoscimento del figlio.

La richiesta di riconoscimento congiunta non ha trovato accoglimento né avanti il Tribunale di Treviso, né avanti la Corte d'Appello di Venezia; sia i Giudici di primo grado che quelli di secondo grado hanno ritenuto, infatti, corretto il rigetto della richiesta da parte dell'Ufficiale di Stato Civile.

La coppia ha, dunque, proposto ricorso avanti la Corte di Cassazione sostenendo che il riconoscimento di un minore con la doppia maternità a seguito di procreazione medicalmente assistita potesse essere equiparata all'adozione di minore da parte di una coppia omosessuale e che la norma che prevede il divieto per una coppia omossessuale di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita sia contraria all'ordine pubblico.

In merito alla prima motivazione addotta dalle due mamme, la Suprema Corte ha ritenuto che i due istituti non possano essere equiparati.

L'adozione, per i Giudici aditi, presuppone l'esistenza in vita del minore da adottare. L'adozione non ha lo scopo di dare un figlio ad una coppia, ma quello di dare una famiglia ad un minore che ne è privo.

Nel caso dell'adozione, dunque, il minore è già nato ed emerge come meritevole di tutela l'interesse dello stesso a mantenere relazioni affettive già instaurate e consolidate: l'interesse deve, comunque, essere verificato in concreto.

La procreazione medicalmente assistita, invece, ha lo scopo di dare un figlio non ancora venuto al mondo ad una coppia, realizzandone le aspirazioni genitoriali.

Il bambino deve, dunque, ancora nascere: non è, perciò irragionevole che il legislatore si preoccupi di garantirgli quelle che, secondo la sua valutazione ed alla luce degli apprezzamenti correnti nella comunità sociale, appaiono, in astratto, come le migliori condizioni "di partenza".

La Corte di Cassazione non ha ritenuto nemmeno contraria all'ordine pubblico la norma che vieta alle coppie omosessuali di accedere alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita.

Gli Ermellini hanno richiamato la Sentenza n. 221/2019 con cui la Corte Costituzionale ha ritenuto conforme alla Costituzione il divieto per le coppie del medesimo sesso di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita.

Secondo la Consulta, infatti, la procreazione medicalmente assistita è un rimedio alla sterilità o all'infertilità avente una causa patologica e non ha lo scopo di realizzare un "desiderio di genitorialità" alternativa. L'intento della legge, confermato dalla Corte Costituzionale, è quello di garantire un nucleo famigliare caratterizzato dalla presenza di una madre e di un padre.

La Suprema Corte non ha ritenuto accoglibili le doglianze proposte ed ha rigettato il ricorso, negando definitivamente la possibilità alle due donne di riconoscere il minore con la doppia maternità.

Scritto da

Studio legale Avv. Giulio Mario Guffanti

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