Quando versare gli alimenti a fratelli e sorelle

Può un individuo essere obbligato a versare gli alimenti nei confronti della sorella o del fratello in stato di necessità?

7 FEB 2019 · Tempo di lettura: min.
Quando versare gli alimenti a fratelli e sorelle

La sentenza numero 1577/2019 della Corte di Cassazione si pronuncia su un caso in cui un uomo è stato obbligato dalla corte territoriale a versare gli alimenti nei confronti della sorella in stato di necessità.

L'articolo 433 del codice civile indica quali sono i familiari che hanno l’obbligo di prestare gli alimenti nel caso in cui un parente si trovi in uno stato di bisogno economico oggettivo. In questa lista si trovano anche “i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali”. Tuttavia, fratelli e sorelle si trovano all’ultimo posto dell’elenco dell’articolo 433, mentre i familiari elencati precedentemente hanno la precedenza:

  1. il coniuge;
  2. i figli [legittimi o legittimati o naturali o adottivi] anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi[, anche naturali];
  3. i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimo, anche naturali; gli adottanti;
  4. i generi e le nuore;
  5. il suocero e la suocera.

Ciò vuol dire che, se una persona che ha diritto all’assistenza materiale perché si trova in una condizione di bisogno economico e non può provvedere al proprio sostentamento, non ha coniuge, figli (anche adottivi), genitori o adottanti, generi e nuore, suocero e suocera, sarà suo fratello o sorella che dovrà occuparsi di versare gli alimenti.

A sottolineare ancora una volta questo obbligo è stata la recente sentenza della Corte di Cassazione, sezione VI civile, numero 1577/2019. Cosa hanno deciso gli Ermellini?

La vicenda

Una sentenza della Corte di appello di Genova ha obbligato un uomo al pagamento di 150 euro, a titolo di alimenti, in favore di sua sorella. Tuttavia l’uomo affermava che la controparte non versava in stato di bisogno, avendo interrotto volontariamente la propria attività di collaboratrice familiare e percependo le somme di 526 euro da parte dell’INPS e di 300 euro a titolo di contributo versatole dal Comune di Casarza Ligure. Il fratello, in più, affermava di percepire una pensione dello stesso importo di quello percepito dalla sorella.

I giudici della Corte di Cassazione hanno analizzato la sentenza della Corte territoriale e sono giunti alla conclusione che le motivazioni apportate erano corrette. In più, durante il giudizio precedente era stata compiuta una “valutazione complessiva ed accurata dei bisogni dell’alimentanda”. Oltre alle somme percepite dall’INPS e dal Comune, per un totale di 826 euro, infatti, la Corte di appello di Genova ha attestato l’indisponibilità di alloggio della donna e, di conseguenza, dell’esigenza di sopportare l’onere del pagamento di un canone di locazione.

In più i giudici hanno sottolineato che “risulta altresì rispettato il canone di proporzionalità, essendo stata posta in evidenza, oltre a quella reddituale, anche la consistenza patrimoniale del ricorrente, proprietario della casa da lui abitata”. Per questo, la Corte di Cassazione ha affermato che “l’impugnata decisione, pertanto, deve essere confermata, ricorrendo giusti motivi, avuto riguardo alla necessità di adeguare la portata delle decisione di questa Corte alle indicate sopravvenienze, per altro inizialmente sottaciute, in violazione dei doveri di leale collaborazione, dall’alimentanda”. Gli ermellini, dunque, hanno deciso di rigettare il ricorso.

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