Matrimonio gay all’estero: in Italia è un’unione civile

La non trascrivibilità delle nozze contratte all'estero come matrimonio, secondo la Corte di Cassazione, non sarebbe una discriminazione per ragioni di orientamento sessuale.

20 GIU 2018 · Tempo di lettura: min.
Matrimonio gay all’estero: in Italia è un’unione civile

La Corte di Cassazione respinge il ricorso di una coppia omosessuale sposata all'estero che richiedeva la trascrizione dell'atto in Italia come matrimonio e non come unione civile.

Con l'entrata in vigore della Legge n. 76/2016 sulle unioni civili, l'Italia ha regolato le unioni fra le persone dello stesso sesso. Cosa succede se una coppia gay ha contratto matrimonio all'estero e vuole che l'unione venga riconosciuta anche in Italia? Su questo tema si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n.11696 della Prima sezione civile.

Il caso

Una coppia omosessuale, dopo essersi sposata all'estero, prima in Brasile e poi in Portogallo, ha richiesto la trascrizione del matrimonio in Italia. Tuttavia, le parti hanno rifiutato che l'atto venisse convertito in unione civile ma richiedeva che venisse trascritto come matrimonio. Durante il processo, la Corte di Appello di Milano, confermando quanto già affermato dal Tribunale di primo grado, ha dichiarato che, alla luce del complessivo quadro costituzionale e convenzionale, i singoli Stati membri del Consiglio d'Europa conservano la libertà di scegliere il modello di unione (tra persone dello stesso sesso) giuridicamente riconosciuta nell'ordinamento interno e che in ordine a tale modello deve rinvenirsi una riserva assoluta di legislazione nazionale. In Italia, dunque, le unioni fra le persone dello stesso sesso non rientrerebbero nella fattispecie del matrimonio ma delle unioni civili. La coppia ha deciso di presentare ricorso presso la Corte di Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della coppia. Secondo i giudici, infatti, l'entrata in vigore della legge n. 76 del 2016 ha regolato specificamente anche la disciplina delle trascrizioni dei matrimoni o delle unioni giuridicamente riconosciute di natura omoaffettiva contratte all'estero. L'articolo 32 bis inserito nella Legge 31 maggio 1995, n. 218 afferma che:

"Il matrimonio contratto all'estero da cittadini italiani con persona dello stesso sesso produce gli effetti dell'unione civile regolata dalla legge italiana".

La non trascrivibilità delle nozze contratte all'estero come matrimonio, dunque, secondo la Corte di Cassazione, non sarebbe una discriminazione per ragioni di orientamento sessuale e che "la scelta del modello di unione riconosciuta tra persone dello stesso sesso negli ordinamenti facenti parte del Consiglio d'Europa è rimessa al libero apprezzamento degli stati membri, purché siano rispettate una serie di tutele connesse con l'interpretazione del diritto alla vita familiare ex art. 8 fornita dalla Corte europea dei diritti dell'uomo".

La Corte di Cassazione, inoltre, si è pronunciata anche sugli effetti retroattivi della legge n. 76 del 2016. Secondo i giudici, infatti, gli effetti delle unioni civili valgono anche per quei matrimoni che sono stati celebrati anche prima dell'entrata in vigore della legge, come nel caso della coppia che aveva presentato il ricorso: "L'applicazione delle nuove norme ai rapporti sorti prima della sua entrata in vigore non costituisce una deroga al principio d'irretroattività della legge, ma una conseguenza della specifica funzione di coordinamento e legittima circolazione degli status posta alla base della loro introduzione nell'ordinamento. L'esigenza primaria […] deve rinvenirsi proprio nella necessità di fornire un regime giuridico uniforme alle coppie che abbiano (già) contratto all'estero un matrimonio, unione civile od altro istituto".

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