La prelazione agraria: casistica e orientamenti della Cassazione

Breve commento sulla disciplina del diritto di prelazione e riscatto in materia agraria e sugli ultimi orientamenti della Corte di Cassazione.

13 APR 2016 · Tempo di lettura: min.
La prelazione agraria: casistica e orientamenti della Cassazione

Nella legislazione speciale dettata in materia agraria è possibile rinvenire una moltitudine di istituti e precetti normativi dotati di particolare singolarità, i quali, molto spesso, si pongono in deroga - se non addirittura in contraddizione – con quelli che solitamente usiamo chiamare "principi generali del nostro ordinamento" e che rappresentano, in definitiva, l'insieme dei valori fondamentali ispiratori della nostra stessa carta costituzionale.

Questa "eccezionalità" che contraddistingue l'intero impianto normativo preposto alla disciplina del settore dell'agricoltura trae, come ben noto, origine nelle intrinseche peculiarità proprie di quest'ultimo, caratterizzato dalla rilevante influenza che il fattore climatico ed ambientale ancora oggi riesce ad esercitare sulla capacità produttiva e, conseguentemente, reddituale dei suoi operatori, per tale ragione meritevoli, secondo il nostro legislatore, di una tutela maggiormente rafforzata, soprattutto se si considera il contesto storico in cui nasce detta normativa, nel quale il lavoro della terra costituiva la risorsa primaria di una società preminentemente rurale.

Uno degli istituti più rappresentativi di tale specifica tipicità è sicuramente il diritto di prelazione riconosciuto in favore del coltivatore diretto sulle cessioni dei fondi rustici di cui egli conduce la coltivazione, ovvero confinanti a quelli da egli coltivati, disciplinato dagli art.li 8 della L. n. 590 del 1965 e 7 della L. n. 817 del 1971 e avente l'esplicita finalità di favorire l'accorpamento delle piccole proprietà fondiarie per migliorarne l'efficienza produttiva e lo sfruttamento colturale, nonché quella di consentire, mediante il suo acquisto, lo stabile insediamento dell'impresa agricola sul fondo dalla stessa coltivato.

Nello specifico, le già indicate disposizioni normative prevedono la possibilità per il coltivatore diretto affittuario di un fondo oggetto di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi (art. 8 L. n. 590/1965), ovvero proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita (art. 7 L. m. 817/1971), di essere preferito ai terzi possibili cessionari, a parità di condizioni di vendita e nella coesistenza di altri precisati presupposti.

Dottrina e giurisprudenza da anni oramai si interrogano sulla portata interpretativa da attribuire alle citate disposizioni di legge, ponendo l'attenzione, in particolare, sugli effetti pratici che la loro applicazione comporta in relazione all'attuazione di alcuni principi di rango costituzionale.

E così, mentre la dottrina prevalente e una giurisprudenza più risalente nel tempo ritengono che l'istituto della prelazione agraria non sia in realtà da considerare come eccezionale e derogante rispetto ad altre norme di carattere generale in quanto inquadrato nell'ambito del principio della "funzione sociale" della proprietà di cui agli art.li 44 e 47 Cost. e finalizzato al potenziamento della piccola proprietà diretta coltivatrice, l'orientamento più recente della giurisprudenza di legittimità pone al contrario l'accento sulle limitazioni che l'esercizio di tale diritto impone alla libertà di disposizione del bene da parte del proprietario e al suo incidere in maniera rilevante sull'autonomia privata di quest'ultimo.

Inutile evidenziare come tali differenti posizioni conducano inevitabilmente a conclusioni diametralmente opposte.

Adottando il primo orientamento (a mio personale giudizio, peraltro, particolarmente apprezzabile in quanto maggiormente conforme alle finalità di consolidamento e rafforzamento della piccola proprietà contadina proprie dell'istituto in commento) si agevolerebbe, infatti, un'interpretazione estensiva della disciplina della prelazione che consentirebbe una sua applicazione anche a soggetti non espressamente contemplati nella norma (quali ad es. comproprietari, affittuari di fondi confinanti, acquirente con patto di riservato dominio del fondo confinante).

Viceversa, seguendo il secondo degli orientamenti sopra enunciati, si arriverebbe ad esaltare il carattere del tutto eccezionale dell'istituto e la conseguente necessità di ben definire i suoi limiti applicativi, destinati esclusivamente ai casi tassativamente elencati dalla norma.

Tra le due posizioni sopra proposte, tuttavia, quella che più rileva dal punto di vista di chi, quale operatore del diritto, si appresta a dover far ricadere la fattispecie concreta nello schema disegnato dalla prescrizione di legge è sicuramente la seconda, soprattutto in considerazione del fatto che essa costituisce, come detto, l'andamento più recente consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità la quale, negli ultimi anni, ha sempre più spesso circoscritto l'applicazione del diritto di prelazione agraria nei soli casi espressamente indicati nella descritta normativa di settore.

Ci si accinge quindi, nelle finalità di questo breve commento, ad offrire una succinta panoramica di quelle che si ritengono essere delle questioni particolarmente singolari e che per questo motivo vanno considerate come rivelatrici anche della ratio posta alla base dei principi condivisi dalla Corte di Cassazione, con l'obbiettivo di tentare di fornire un valido strumento di rapida consultazione per l'inquadramento dei casi pratici solitamente più ricorrenti.

  • Il diritto di prelazione e di riscatto agrario del confinante non spetta al nudo proprietario – Cass. Civ. N. 6904 del 2015.

Partendo da un'interpretazione stretta dell'art. 7 della L. n. 817/1971, la Suprema Corte afferma che il diritto di prelazione previsto dalla stessa norma non possa essere riconosciuto anche in favore del coltivatore diretto il quale, pur essendo proprietario di terreni confinanti con quello offerto in vendita, non ne disponga e non ne goda pienamente per avere costituito sugli stessi un diritto reale di godimento a favore di terzi e per essersi conseguentemente riservato sui medesimi la sola nuda proprietà.

  • Coesistenza del diritto di prelazione agraria di cui all'art. 8 della L. N. 590/1965 con quello di cui all'art. 732 c.c., nel caso in cui il coltivatore diretto sia nello stesso tempo affittuario e coerede del terreno offerto in vendita – Cass. Civ. N. 4497/2010.

Con la sentenza citata, la Suprema Corte riconosce al coltivatore diretto che conduca in affitto un fondo rustico di cui egli è anche comproprietario in regime di comunione ereditaria la possibilità di contemporaneamente esercitare sia il diritto di prelazione previsto dall'art. 8 della L. N. 590/1965, che il diritto di prelazione di cui all'art. 732 c.c., quando oggetto del trasferimento sia stata la quota indivisa di quello stesso terreno. La Corte infatti osserva che l'infruttuoso esercizio di una delle sopra citate prelazioni da parte dell'avente diritto, non esclude la possibilità per quest'ultimo di esercizio dell'altra.

  • La prelazione agraria sussiste anche qualora oggetto del trasferimento sia il diritto dell'enfiteuta – Cass. Civ. N. 25756/2015:

Anche in assenza di un espresso riferimento normativo in tal senso, la Corte ha riconosciuto la sussistenza dei diritti di prelazione e riscatto agrario previsti dagli art.li 7 della L. N. 817/1971 e 8 della L. N. 590/1965 nel caso di cessione del diritto dell'enfiteuta, in considerazione della particolare estensione del diritto di enfiteusi, in forza del quale all'enfiteuta stesso spettano facoltà di utilizzo e godimento del fondo corrispondenti a quelle del proprietario e gli è anche riconosciuta la possibilità di affrancazione del fondo.

  • Il diritto di prelazione riconosciuto in favore del proprietario confinante non sorge nel caso in cui sul fondo offerto in vendita sia già insediato un coltivatore diretto – Cass. Civ. N. 12900/2015:

Sulla base di un'interpretazione puntuale dell'art. 7, comma 2, n. 2), della L. N. 817/1971, la Suprema Corte esclude la possibilità che in favore del coltivatore diretto proprietario del fondo confinante sorga il diritto di prelazione nel caso in cui sul terreno oggetto di trasferimento si sia già insediato altro coltivatore diretto, il quale occupi il predetto terreno in virtù di un rapporto agrario qualificato, che, anche se atipico, sia caratterizzato da una certa stabilità e durata nel tempo. In tal modo è peraltro ulteriormente confermato il carattere sussidiario tra il diritto di prelazione di cui all'art. 8 della L. N. 590/1965 e quello di cui all'art. 7 della L. N. 817/1971, nel senso che il secondo non sussiste nel caso in cui il terreno offerto in vendita sia già occupato da un coltivatore diretto affittuario, mezzadro, colono, compartecipante o enfiteuta, indipendentemente dalla volontà dello stesso di avvalersi o meno della prelazione a lui spettante.

  • L'affittuario coltivatore diretto ha diritto di prelazione sul trasferimento di un quota indivisa del fondo da lui condotto anche solo parzialmente – Cass. Civ. N. 6094/2015.

La Suprema Corte, conformemente a un precedente orientamento, ha riconosciuto il diritto di prelazione all'affittuario coltivatore diretto di una porzione di un fondo rustico offerto in vendita per una quota indivisa dello stesso anche nel caso in cui l'affitto sia limitato solamente ad una porzione del fondo stesso, purché detta porzione sia dotata di una sua autonomia funzionale, strutturale e produttiva ed il suo scorporo non arrechi eccessivo pregiudizio agli interessi della proprietà. Si conferma tra l'altro in tal modo anche l'orientamento che stabilisce la sussistenza del diritto di prelazione di cui all'art. 8 della L. N. 590/1965 anche nel caso in cui oggetto del trasferimento sia una quota indivisa del fondo sul quale è insediato il coltivatore diretto.

  • Sussiste il diritto di prelazione del confinante anche nel caso in cui il fondo alienato sia stato frazionato al fine di eliminare il requisito della contiguità – Cass. Civ. N. 15768/2014:

Secondo la Suprema Corte, l'artificioso frazionamento del fondo posto in essere in occasione dell'alienazione al fine di eliminare la vicinanza materiale e fisica con il terreno di proprietà del coltivatore diretto non è sufficiente ad escludere la possibilità per quest'ultimo di esercitare il diritto di prelazione di cui all'art. 7 della L. N. 817/1971.

  • Non possono essere ricomprese nell'oggetto del diritto di prelazione le porzioni di un fondo aventi destinazione non agricola – Cass. Civ. N. 6572/2013.

Qualora un fondo sia costituito da più aree aventi tra loro diversa destinazione urbanistica, l'esercizio del diritto di prelazione agraria non può essere esteso anche a quelle zone del medesimo terreno destinate ad uso edilizio, industriale o turistico, indipendentemente dalla prevalenza o meno dell'area agricola rispetto alle altre, posto che la disciplina del predetto diritto di prelazione ha carattere eccezionale e non può essere soggetta ad un'interpretazione estensiva.

  • Per l'esercizio della prelazione agraria il presupposto della contiguità tra i fondi deve sussistere con riferimento alla porzione del terreno offerto in vendita che abbia destinazione agricola – Cass. Civ. N. 3727/2012:

Qualora venga posto in vendita un fondo unitario avente solo in parte destinazione agricola, il diritto di prelazione e di riscatto non possono essere riconosciuti se le parti con destinazione non agricola si frappongono fra quelle a destinazione agricola e il confine del prelazionario, venendo in tale ipotesi meno il requisito della contiguità materiale tra i due fondi.

  • Il requisito della mancata vendita di altri fondi rustici nel biennio precedente, necessario all'esercizio del diritto di prelazione agraria, viene meno nel caso in cui il prelazionario abbia proceduto alla cessione anche solo di quote in proprietà di terreni agricoli – Cass. Civ. N. 10220/2011:

In armonia con le finalità proprie della disciplina in materia di prelazione agraria, volte, non solo a consentire il consolidamento della piccola proprietà contadina, ma anche ad evitare che la stessa prelazione venga esercitata a fini speculativi, la Suprema Corte ha accertato la non sussistenza del presupposto previsto dall'art. 8 della L. N. 590/1965 e rappresentato dalla mancata vendita da parte del coltivatore diretto di altri fondi rustici nel biennio che precede il trasferimento a titolo oneroso o la concessione in enfiteusi del terreno oggetto di prelazione anche nel caso in cui il prelazionario stesso abbia ceduto, nel periodo anzidetto, la proprietà di anche sole quote indivise di fondi agricoli indipendentemente dalla consistenza di queste ultime.

Scritto da

Avv. Alberto Salamon

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3 Commenti
  • Rosauro Toecianti

    Ma la documentazione inerente alla NON vendita di altri fondi rustici deve riguardare il comune di residenza di chi vuole esercitare il diritto o deve essere prodotta documentazione a livello nazionale? Ho perso appello perché ritenuta non sufficiente la prova di non aver venduto altri fondi riguardante il solo comune di residenza.

  • Staff di StudiLegali

    Carissimo Mario, in merito al suo commento le consigliamo di porre una domanda ai nostri esperti nella sezione L'Avvocato risponde: https://www.studilegali.com/domande, sono certa che sapranno risolvere i suoi dubbi. Grazie per la collaborazione! Un saluto, lo Staff di StudiLegali

  • Mario

    Il diritto di prelazione sussiste su una frazione o singola particella nel caso di compravendita di un fondo composto da più particelle?

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