La parola della denunciante è prova dello stalking?

Quando è testimone la sola denunciante. Rilievo di interessi patrimoniali e testimonianze di parenti. La Suprema Corte: riesame rigoroso dell'attendibilità della denunciante in appello.

11 LUG 2017 · Tempo di lettura: min.
La parola della denunciante è prova dello stalking?

La Suprema Corte, con la recente sentenza n. 952/2017, della V Sezione Penale, pubblicata in data 7.7.2017, (Presidente dr. Maurizio Fumo, Relatore dr. Ferdinando Lignola) è intervenuta sul controverso tema se le dichiarazioni, sostanzialmente della sola persona offesa, siano sufficienti a radicare una condanna, quando vi siano stati contrasti relativi ad una pregressa vicenda affettiva, segnati anche da confliggenti interessi patrimoniali.

Nella vicenda in oggetto l'imputato era stato condannato per stalking, prima dal Tribunale di Milano e poi dalla Corte di Appello di Milano, ma la Suprema Corte ha annullato la pronunciata sentenza di condanna, richiedendo alla Corte di Appello competente un nuovo esame della attendibilità della denunciante, dal momento che, a fronte di motivi di impugnazione che lo richiedevano, la Corte di Appello si era astenuta dall'intraprendere un adeguato riesame dell'attendibilità della denuncia.

Nel caso di specie fra le parti vi era stato un legame affettivo e non vi era alcun riscontro probatorio (né documentale né testimoniale) delle dichiarazioni accusatorie, se non le dichiarazioni dei genitori, che non sono stati ritenuti dalla Corte Suprema testimoni imparziali, in quanto certamente animati da sentimenti di avversione nei confronti dell'imputato, a seguito dell'intervenuta rottura del rapporto sentimentale con la loro figlia. Inoltre, dagli atti di causa, emergeva che vi erano altre controversie tra le parti e che la CTU depositata al Tribunale per i Minorenni aveva posto in evidenza come la denunciante "era parsa attivare movimenti di alienazione della figura paterna, in ragione dei propri vissuti traumatici conseguenti alla relazione con l'ex compagno".

La difesa dell'imputato aveva poi insistito la difesa dell'imputato sul fatto che l'unico intento che aveva mosso la denunciante era stato proprio quello di privare l'imputato, attraverso le sue denunce, della potestà genitoriale. Inoltre la difesa dell'imputato aveva espresso doglianza per la mancata valutazione della testimonianza di un teste a discarico, che aveva fornito una versione dei fatti incompatibile con quella accusatoria. In realtà vi erano quindi plurime ragioni di dubbio in ordine all'attendibilità della denunciante e ciò anche a prescindere da eventuali contraddizioni, inverosomiglianze o carenze del suo narrato: un antefatto relazionale chiaramente conflittuale, la presenza di interessi processuali antagonistici in altre vicende, l'assenza di credibili elementi di riscontro non potendosi qualificare idonei quelli costituiti dalle deposizioni dei propri genitori, l'assunzione di una prova testimoniale contraria alla versione accusatoria, il sospetto accertato in CTU di condotte di alienazione parentale.

La Corte Suprema ha ricordato che, in una vicenda siffatta, più che mai "il vaglio positivo dell'attendibilità del dichiarante deve essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello generico cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone, di talché tale deposizione può essere assunta da sola come fonte di prova unicamente se venga sottoposta a detto riscontro di credibilità oggettiva e soggettiva". Inoltre la Corte Suprema ha rilevato che, essendosi costituita la denunciante parte civile con una pretesa risarcitoria di 25.000 euro, era certamente portatrice di un interesse economico, la cui soddisfazione dipendeva dal riconoscimento della responsabilità dell'imputato, donde la deficienza dell'impianto motivazionale della Corte di Appello territoriale, che avrebbe dovuto, in presenza di siffatti elementi, compiere una autonoma e rinnovata valutazione dell'attendibilità della denunciante. La sentenza della Suprema Corte appare opportuna in ragione della presunzione costituzionale di non colpevolezza e quindi della necessità che la condanna penale, incidente sulla libertà personale del cittadino, pervenga superando ogni ragionevole dubbio. La considerazione delle sofferenze e del dolore delle vittime degli odiosi reati di stalking (e valutazioni analoghe potrebbero compiersi per le vittime di maltrattamenti e violenze), non può però sospingersi sino al punto da travolgere i principi e gli istituiti di un civile processo penale.

Scritto da

Avv. Alfredo Guarino

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