La mediazione civile obbligatoria: un nuovo ambito di lavoro solo per gli avvocati

Dopo la bocciatura della Corte Costituzionale, viene reintrodotta la mediazione civile obbligatoria come strumento attraverso il quale tentare di alleggerire il sistema giudiziario italiano.

16 OTT 2013 · Tempo di lettura: min.
 La mediazione ha l’obiettivo di ricomporre le controversie tra privati senza ricorrere al processo. Foto: Pixabay

È da numerosi anni e varie legislature che in Italia si parla di riforma della giustizia.

Tutti sappiamo che il sistema forense ha numerose lacune e soffre di vari handicap tra i quali uno dei più rilevanti è quello legato ai tempi elefantiaci del sistema.

Il cosiddetto “decreto del fare" (D.L. 69/2013) emanato dal nuovo governo come ultimo sforzo prima della lunga pausa estiva parlamentare, cerca di affrontare la questione partendo dallo smaltimento dell'arretrato civile. Secondo i dati nazionali relativi al 2012, le pendenze civili ordinarie ammontavano a circa 3 milioni e quattrocento mila, in Corte d'Appello erano circa 440 mila ed in Cassazione poco meno di 100 mila.

Le novità del "decreto del fare"

Il ministro Cancellieri inserisce varie novità all'interno del decreto e tra queste risulta rilevante la reintroduzione della mediazione civile obbligatoria (art.84) in via sperimentale fino al 2016, dopo la bocciatura della Corte Costituzionale del 2012.

Il procedimento di mediazione ha l'obiettivo di ricomporre le controversie tra privati senza ricorrere al processo, attraverso l'ingresso nella disputa di un professionista esterno, il mediatore.

La mediazione

Le materie che si potranno risolvere attraverso quest'accordo amichevole tra le parti riguardano tra l'altro: le problematiche condominiali, le successioni ereditarie, i patti di famiglia, le locazioni, i risarcimenti per responsabilità medica e per diffamazione per mezzo stampa.

L'ultima versione del decreto, nello strutturare l'istituto della mediazione, legittima come unica figura professionale atta a svolgere questo ruolo gli avvocati.

Infatti, senza alcun bisogno di una formazione specifica, qualsiasi avvocato iscritto all'albo sarà un mediatore di diritto e il suo coinvolgimento riguarderà l'intero arco di vita della mediazione dalla prima seduta all'esito finale.

Il decreto, in questo modo, mette ordine all'interno del vago modo delle mediazioni ribadendo che solo gli avvocati regolarmente iscritti all'albo possono svolgere questa professione, tenendo fuori dalla categoria praticanti ed altri professionisti.

Proprio quest'elemento sembra aver dato il placet al decreto da parte del mondo forense che, attraverso il Consiglio Nazionale, nel mese di luglio aveva chiesto al governo la modifica di numerosi emendamenti.

In realtà per portare a buon termine una mediazione sono necessarie competenze ed attitudini personali che vanno anche al di là di un'ottima conoscenza del diritto.

Il mercato della formazione post-laurea nel 2010, quando nacque quest'istituto, capì questa necessità e in tutto il territorio nazionale comparvero corsi di formazione e master volti a creare questa figura professionale indirizzati a laureati in economia, consulenti del lavoro e giuristi di qualsiasi natura.

Ora, dopo che il legislatore ha specificato formalmente che solo gli avvocati possono essere mediatori, probabilmente sarebbe necessario che anche i corsi di laurea istituzionali si adeguino celermente ai cambiamenti normativi e alle esigenze del mercato, inserendo esami ad hoc o esperienze pratiche che diano i primi strumenti ai futuri avvocati per risolvere le controversie.

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Scritto da

Chiara Bardari

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