Impresa familiare o lavoro subordinato?

La donna richiedeva il riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro nell'impresa e il pagamento delle differenze retributive.

18 SET 2018 · Tempo di lettura: min.
Impresa familiare o lavoro subordinato?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione distingue gli elementi principali e distintivi del lavoro subordinato rispetto a quelli dell'impresa familiare.

Le caratteristiche dell'impresa familiare sono definiti dall'articolo 230-bis del codice civile. Si tratta di un istituto giuridico in cui possono collaborare, secondo la legge, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado. Tuttavia, in alcuni casi, non è possibile parlare di impresa familiare in quanto si tratta di rapporti lavorativi che rientrano in altre fattispecie, come accade nel caso del lavoro subordinato.

È importante distinguere tra impresa familiare e altri tipi di lavoro subordinato, in quanto, hanno diritti e elementi fiscali diversi sia per l'imprenditore che per relativi dipendenti. A stabilire la differenza fra impresa familiare e lavoro subordinata è stata una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4535 del 27 febbraio 2018.

Il caso

La Corte d'Appello di Torino, il 17 luglio 2012, aveva confermato la sentenza del tribunale di primo grado, accogliendo la domanda proposta da una sorella, B.R.E., nei confronti di suo fratello, B.C. Quest'ultimo era titolare di una ditta specializzata nel commercio di fiori e piante. La domanda riguardava il riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro con l'impresa e la condanna del fratello al pagamento delle differenze retributive maturate in relazione al predetto rapporto.

La Corte d'Appello, infatti, rifiutava l'argomentazione del fratello che affermava che si era costituita tra le parti un'impresa familiare mentre aveva provato la subordinazione del rapporto lavorativo "per l'inserzione costante e regolare nell'organizzazione aziendale della stessa con la prestazione di attività lavorativa giornaliera ad orario pieno a fronte della quale veniva corrisposto con regolarità un corrispettivo mensile".

B.C., dunque, ha deciso di fare ricorso presso la Corte di Cassazione. La motivazione apportata dal fratello e titolare dell'impresa riguardava la violazione dell'art. 2697 del codice civile riguardante l'onere della prova.

La decisione della Corte di Cassazione

I giudici della Corte di Cassazione hanno rigettato il ricorso presentato dal fratello. Per poter arrivare a questa decisione, infatti, gli ermellini hanno studiato il caso e hanno determinato che il lavoro della sorella del titolare dell'impresa si basava sui presupposti del lavoro subordinato, fra cui: l'osservanza di un orario coincidente con l'apertura al pubblico dell'attività commerciale, piuttosto che una partecipazione all'attività dettata da motivi di assistenza familiare e la corresponsione di un compenso a cadenze fisse.

Secondo i giudici della Corte di Cassazione, dunque, per poter distinguere fra impresa familiare e rapporto di lavoro subordinato è necessario osservare alcuni elementi dell'attività lavorativa, come, ad esempio, l'orario di lavoro, la mancanza di autonomia e il sottostare alle norme del titolare. Gli ermellini, dunque, hanno rigettato la motivazione del titolare dell'impresa: "il motivo, deve ritenersi infondato, atteso che il convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla sussistenza della subordinazione non discende dal non aver il ricorrente fornito a riguardo la prova contraria, bensì dall'emersione all'esito dell'espletamento dei mezzi istruttori offerti dall'odierna intimata di circostanze di fatto".

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