Il Trust: un istituto utile e poco compreso

Alcune delucidazioni esplicative sull'istituto del trust.

31 MAR 2014 · Tempo di lettura: min.
Il Trust: un istituto utile e poco compreso
Secondo la definizione del Professor Paul Matthews, uno dei maggiori esperti di trust a livello internazionale il trust è: “quell’istituto del quale una parte del mondo non potrebbe fare a meno, ma che, al contempo, è del tutto sconosciuto all’altra”.

L’Italia rientra, indubbiamente, fra quei paesi in cui il trust, nonostante le numerose finalità per le quali può essere utilizzato, è ancora visto con una certa diffidenza.

Quest’ultimo, infatti, è un istituto di matrice anglosassone le cui radici risalgono addirittura al diritto feudale del Regno Unito, ma è stato introdotto nel nostro ordinamento solo dalla Legge 16 ottobre 1989 n. 364, che ha ratificato la Convenzione dell’Aja del 1985.

Mediante il trust è possibile segregare una porzione del proprio patrimonio al fine di destinarla ad uno scopo determinato e metterla al riparo dai propri creditori, senza dover costituire un soggetto giuridico autonomo quale, ad esempio, una società.

L’istituto in esame, inoltre è indubbiamente versatile e si rivela un valido strumento anche per fronteggiare e gestire efficacemente il c.d. passaggio generazionale d’impresa, momento estremamente delicato che, se non pianificato in modo adeguato, può determinare l’insorgenza di conflitti tra i diversi membri della famiglia dell’imprenditore, nonché riflessi negativi per l’azienda stessa.

Conferire l’intera azienda in un trust è quanto mai opportuno ogniqualvolta vi siano più potenziali successori, le cui idee di gestione non risultino compatibili, e nel caso in cui o il successore designato sia minore d’età o non disponga della professionalità, delle attitudini necessarie o anche, banalmente, del tempo materiale per gestire l’impresa.

Tutti questi problemi trovano soluzione efficiente nella costituzione del trust, poiché esso consente di gestire l’impresa secondo le disposizioni ed i principi fissati dal disponente (ad es. il padre imprenditore) nell’atto costitutivo ed allo stesso tempo, indicando i successori come beneficiari, di garantire a costoro la ricezione di redditi e di utili.

L’istituto è utilizzabile, altresì, indicando il creditore come beneficiario, al fine di garantire un finanziamento (c.d. trust di garanzia), dal momento che permette di sottrarre al debitore il controllo sui beni destinati ad assicurare l’adempimento dell’obbligazione e, contestualmente, di evitare tutti i formalismi connessi alle garanzie reali.

Il trustee (soggetto cui è affidata la gestione di tali ultimi beni), per di più, trovandosi in posizione neutra rispetto alle parti dell’obbligazione, ed essendo vincolato dalle clausole dell’atto istitutivo, amministrerà il patrimonio conferitogli, nell’interesse congiunto di tutti i soggetti dell’operazione.

In caso di inadempimento dell’obbligazione, in forza della quale è stato costituito il trust di garanzia, poi, il creditore potrà procedere all’escussione dei beni vincolati in modo più rapido e senza dover necessariamente passare per la procedura esecutiva.

In generale, colui che intenda istituire un trust, c.d. disponente (o settlor), a tale scopo, deve porre in essere (con atto tra vivi o tramite testamento) due atti : l’atto istitutivo vero e proprio, nel quale deve essere indicata la legge regolatrice del trust (la più scelta è quella di Jersey) e l’atto di conferimento di beni nel patrimonio separato, con il quale questi si “spoglia” della proprietà degli stessi.

Entrambi gli atti dovranno rivestire la forma della scrittura privata autenticata e, al fine di realizzare l’effetto segregativo, l’atto di conferimento dei beni dovrà essere trascritto.

Le figure chiave dell’istituto in esame sono due: il disponente ed il trustee (o fiduciario) che è, in un certo senso, il proprietario del patrimonio confluito nel trust ed è il soggetto cui è demandata l’amministrazione.

Il trustee gestisce il patrimonio conferitogli o per un fine determinato o, come più spesso accade, nell’interesse di un beneficiario, nei cui confronti l’atto istitutivo può disporre la partecipazione agli utili o una più generica attribuzione di denaro, nonché il diritto, al momento dello scioglimento del patrimonio, all’intestazione dei beni in esso confluiti.

Occorre precisare, inoltre, che in caso di decesso del trustee, così come in caso di revoca della nomina, il patrimonio da questo amministrato non entrerà a far parte del suo asse ereditario, ma verrà trasferito ad un nuovo fiduciario.

In generale, in forza del regime di separazione patrimoniale, i beni oggetto del trust sono posti al riparo dall’aggressione dei creditori: sia da quelli personali del trustee, sia da quelli del disponente, sia da quelli del beneficiario, i quali possono esclusivamente agire sui crediti vantati da quest’ultimo nei confronti del trust.

Discorso analogo può essere fatto anche nel caso in cui il soggetto creditore sia il curatore fallimentare.

Tuttavia, la più recente Giurisprudenza si è pronunciata, in più occasioni, in senso favorevole all’esperibilità, da parte dei creditori personali del disponente e da parte del curatore fallimentare, delle azioni revocatorie, ordinaria e fallimentare, rispettivamente disciplinate dagli artt. 2901 c.c. ed 67 L.F. (cfr. ex multis: Trib. Firenze 16.05.2013, n.1630; Trib. Monza 03.01.2013; Trib. Reggio Emilia, Ordinanza del 26.04.2012; Trib. Milano 16.06.2009, n. 6386; Trib. Cassino 01.04.2009 ; Trib. Firenze 05.06.2002).

L’azione, precedentemente citata, consente, ai creditori o al curatore fallimentare, di agire in giudizio per far dichiarare l’inefficacia degli atti di disposizione patrimoniale del debitore che arrechino pregiudizio alle loro posizioni.

In nessun caso, infatti, il trust può essere utilizzato per fini distorti, al solo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori del disponente o del fallimento.

L’impermeabilità del patrimonio separato ai creditori ed al fallimento, di conseguenza, dipenderà dalla valutazione del Giudice circa le motivazioni che hanno spinto il settlor a disporre la separazione patrimoniale e sarà esclusa nel caso in cui questi ponga in essere il trust in presenza di una situazione debitoria patologica, quale l’insolvenza.

L’assenza di meritevolezza dello scopo istitutivo del trust determinerà, dunque, la contrarietà dello stesso all’Ordinamento e consentirà ai creditori o al curatore fallimentare, in seguito alla dichiarazione di nullità dell’atto di conferimento dei beni del disponente a favore del trustee , di ricorrere a quei rimedi, quali le azioni revocatorie, diretti a reintegrare la garanzia patrimoniale, facendo venir meno l’effetto della separazione patrimoniale.

Alla luce di quanto sopra, possiamo affermare che il trust è uno strumento, cui si può accedere senza diffidenza, utile e dinamico e che permette di conseguire obiettivi altrimenti irraggiungibili.

Scritto da

B&AAVV. avvocati associati

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