Il beneficio dell'esdebitazione

Conoscete il beneficio dell'esdebitazione? Vi proponiamo di seguito un articolo dell'avvocato Guffanti.

24 OTT 2017 · Tempo di lettura: min.
Il beneficio dell'esdebitazione

Il beneficio dell'esdebitazione, ex artt. 142 e ss. L.F., consente al fallito di riacquistare la capacità di svolgere altra attività economica in quanto lo libera definitivamente da tutti i debiti rimasti impagati.

Ce ne parla l'Avv. Giulio Mario Guffanti.

In pratica, il beneficio dell'esdebitazione impedisce che i beni costituenti il patrimonio del fallito possano essere aggredibili senza limiti di tempo dai creditori concorsuali.

Un tale beneficio, frutto di un importante sforzo legislativo che ha portato a ribaltare la condizione di fallito da "soggetto pericoloso per l'economia" a "soggetto da proteggere", non è certamente concesso a tutte le persone fisiche fallite. Il Capo IV del Titolo II della Legge Fallimentare, infatti, elenca puntualmente quelle che sono le condizioni affinché il beneficio possa essere accordato dal Tribunale che si è pronunciato in relazione al fallimento.

Quanto alle condizioni oggettive, la procedura fallimentare deve esser stata chiusa da non più di un anno (il termine decorre dal decreto di chiusura del fallimento), a seguito della ripartizione, anche parziale, dell'attivo realizzato. In particolare devono esser stati pagati tutti i creditori a cui il Giudice ha riconosciuto un privilegio e deve esser stato versato almeno un euro ai creditori senza privilegio. Sul punto parte della giurisprudenza applica la predetta prescrizione in maniera estensiva: diversi Tribunali hanno, infatti, concesso il beneficio dell'esdebitazione anche nel caso in cui non siano stati soddisfatti tutti i creditori privilegiati.

Maggiore attenzione è, invece, posta alle condizioni soggettive. L'esdebitazione può essere richiesta da tutti i soggetti falliti in proprio (con impresa individuale), dai soci illimitatamente responsabili di società dichiara fallita, non tornata in bonis e non liquidata, che non hanno beneficiato dell'esdebitazione nei dieci anni antecedenti. Il comportamento del fallito, poi, deve esser stato improntato a canoni di corretta e di trasparenza nei confronti della procedura.

L'istante dovrà, infatti, dimostrare:

  • di aver collaborato con gli organi del fallimento;
  • di non aver contribuito a ritardare il fallimento;
  • di aver consegnato al Curatore la propria corrispondenza;
  • di non aver rappresentato una situazione contabile difforme alla realtà;
  • di non aver causato ovvero aggravato il dissesto dell'impresa fallita rendendo di fatto difficoltosa la ricostruzione del patrimonio;
  • di non essersi macchiato di reati quali banca rotta fraudolenta, delitti contro l'economia pubblica, delitti contro l'industria, delitti contro il commercio o altri delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attività d'impresa (salvo che per i predetti reati sia intervenuta la riabilitazione).

Il ricorso proposto dal fallito (a mezzo procuratore) dovrà essere notificato ai creditori concorsuali non integralmente soddisfatti, i quali possono partecipare all'udienza ed opporsi per motivi esclusivamente correlati alla meritevolezza del debitore, non potendo, invece, opporsi per il solo fatto di non esser stati soddisfatti integralmente. Obbligatoria, poi, è l'acquisizione del parere del Curatore e del Comitato dei Creditori (se costituito).

Il Tribunale in composizione collegiale deciderà con decreto motivato, impugnabile con reclamo innanzi la Corte d'Appello entro dieci giorni dalla conoscenza dello stesso decreto o comunque entro novanta giorni dalla relativa pubblicazione. Il reclamo può esser proposto dallo stesso debitore fallito, dai creditori non integralmente soddisfatti, dal Pubblico Ministero e da qualunque altro interessato (compreso il Curatore e il Comitato dei Creditori).

Ci sono alcuni debiti ai quali non è possibile applicare il beneficio dell'esdebitazione tra cui i debiti relativi agli obblighi di mantenimento, obblighi alimentari, debiti derivanti dal risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale, sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario, e, in genere, debiti riguardanti i rapporti estranei all'esercizio dell'impresa.

Qualora il Giudice dovesse concedere il beneficio dell'esdebitazione, dunque, il fallito potrà legittimamente rifiutare l'adempimento nei confronti dei propri creditori.

L'inesigibilità del credito è opponibile solo dal beneficiario dell'esdebitazione, non essendo rilevabile d'ufficio dal Giudice. L'inesigibilità del credito travolge anche gli interessi e le garanzie reali accessorie (pegno o ipoteca), rendendo inesigibili anche queste.

Fino al 2006 la condizione di "fallito" era paragonata dai giuristi alla "morte civile" in quanto innumerevoli erano le limitazioni che la dichiarazione di fallimento comportava, tra cui l'obbligo per il fallito di astenersi dai ruoli amministrativi o di controllo in attività commerciali. La disciplina ante 2006, in pratica, mirava a sanzionare l'insolvenza, adottando un approccio repressivo nonché ad eliminare dal mercato gli operatori "pericolosi". La riforma ha, fortunatamente, voluto consentire al debitore fallito di rimettersi nuovamente in gioco a trecentosessanta gradi, facendogli recuperare la capacità di svolgere qualsivoglia attività economica.

Se avete bisogno di ulteriori informazioni in merito, contattate direttamente lo Studio legale Prof. Avv. Giulio Mario Guffanti.

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