I pagamenti ai tempi del coronavirus - abbonamenti e canoni

I pagamenti al tempo del coronavirus - abbonamenti e canoni: brevi riflessioni dalla quarentena - 2 aprile 2020

3 APR 2020 · Tempo di lettura: min.
I pagamenti ai tempi del coronavirus - abbonamenti e canoni

Sono subissato in questo periodo di messaggi da parte di clienti, che, a causa delle chiusure forzate dettate dal coronavirus, si trovano in difficoltà da un lato come creditori e dall'altro come debitori. Per un creditore è difficile ottenere pagamenti mentre i debitori si trovano in seria difficoltà comunque per la medesima ragione, il covid-19.

Qui vorrei soffermarmi su quelli che forse sono i temi più caldi in auge oggi, ovvero cosa fare con abbonamenti e canoni di locazione.

Dopotutto, almeno stando a quello che mi confidano i clienti, su internet spopolano guide e moduli per chiedere il rimborso alla palestra, al centro benessere, all'asilo e chi più ne ha più ne metta.

Premetto che è un momento difficile per tutti; da un lato, i clienti si trovano ad aver pagato un servizio, che però, secondo il loro punto di vista, non possono usare e, dall'altro lato, il periodo è difficile anche per le aziende, che hanno pianificato le proprie strutture aziendali ed i propri costi in funzione dei guadagni complessivi annui.

In questi casi, la soluzione proposta dalla legge italiana è una soluzione tutto sommato corretta e la risposta dell'ordinamento cambierà in base alla durata delle misure di contenimento.

Sicuramente, in molti casi non è lecito chiedere il rimborso nel caso in cui questo lockdown duri per un tempo limitato.

La pretesa di chiedere subito i rimborsi si basa forse su un equivoco di fondo, frutto di questo mondo "a rate".

Infatti, i venditori di merci e servizi, al fine di spingere i consumi, nel loro ovvio interesse, sono soliti dividere in rate mensili il prezzo di prestazioni unitarie.

Si ricorre alla vendita a rate, spesso tramite finanziamenti, sia per la vendita di prodotti che di servizi.

Tendenzialmente, nella prestazione di servizi, il prestatore non ha bisogno di ricorrere a finanziare il cliente, potendo semplicemente dividere in rate mensili il pagamento del corrispettivo annuo.

In realtà, la prestazione è unitaria ed è proprio l'unitarietà della prestazione il discrimine tra il diritto al rimborso già solo in caso di una sospensione limitata del servizio e l'assenza di tale diritto.

Se sottoscrivo un contratto annuale con un asilo privato o una palestra, che il pagamento sia mensile e non annuale, in parole povere, è un problema del cliente, il quale evidentemente ha preferito non pagare prima l'intero saldo.

In questi casi, trova applicazione l'art. 1256 cod. civ., ai sensi del quale l'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.

Però, se l'impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell'adempimento.

Invece, l'obbligazione si estingue se l'impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.

Quindi, la norma è chiara. In caso di impossibilità temporanea il debitore non è responsabile del ritardo e potrà adempiere successivamente, salvo il caso in cui la prestazione divenga impossibile o il creditore non abbia più interesse a proseguirla.

In questo caso, un recupero ex post, ad emergenza finita,da parte del prestatore di servizi sarebbe sufficiente a risolvere qualsivoglia problematica.

Ad esempio, il prolungamento di due mesi dell'abbonamento della palestra o di sky sport potrebbe essere sufficiente.

Sarebbe una soluzione equa, perchè il prestatore di servizi non dovrebbe dissanguarsi oggi, che non percepisce entrate (i nuovi abbonamenti ad esempio sono fermi), restituendo importi, pur dovendo continuare a mantenere funzionante la struttura, per essere pronti a ripartire non appena i divieti saranno revocati.

Ovviamente diverso sarebbe il caso in cui il c.d. lockdown si protraesse per mesi, nel qual caso opererebbe il diverso istituto dell'impossibilità della prestazione per causa di forza maggiore ed interverrebbero le norme di cui agli artt. 1463 c.c. e seguenti.

Il debitore (il prestatore di servizi) non sarebbe responsabile per l'inadempimento ed i conseguenti, eventuali danni da inadempimento, ma comunque il contratto potrebbe essere validamente risolto per cause di forza maggiore.

Veniamo ora ai canoni di locazione; sul canone di locazione non vi è molto spazio lasciato all'interpretazione nè di manovra.

La locazione è un contratto con il quale una parte si obbliga a far godere ad un'altra una cosa, per un determinato periodo di tempo.

La locazione pure non è un contratto mensile, ma pluriennale.

Anche in questo caso, la suddivisione in rate dei canoni è meramente convenzionale.

Se la Vostra attività è chiusa a causa del covid-19 o non potete godere dell'immobile commerciale locato per le limitazioni dovute al coronavirus, purtroppo, a mio avviso, in mancanza di specifiche norme, non è possibile ex lege sospendere il pagamento dei canoni.

Infatti, la causa del contratto di locazione è la messa a disposizione dell'immobile ai fini del godimento; quindi, il proprietario mantiene il diritto a percepire i canoni anche perchè comunque i locali sono nella Vostra disponibilità.

Nei locali vi sono mobili, suppellettili, strumenti, etc. e le chiavi sono in vostro possesso.

Sarebbe illegittimo pretendere di sospendere il pagamento, mantenendo i locali nella vostra disponibilità.

Il locatore dovrebbe avere la possibilità di riprendersi i locali e tentare di trovare un nuovo conduttore.

Chiaramente, a questo punto possono subentrare altri meccanismi a tutela del conduttore.

Questi potrebbe essere legittimato a risolvere il contratto, senza danni e penali, per impossibilità sopravvenuta o eccessiva onerosità sopravvenuta.

Ho letto alcuni articoli che richiamano improbabili norme di legge a tutela del mancato pagamento dei canoni di locazione. Non mi sembrano condivisibili.

A mio avviso, siccome le parti devono eseguire il contratto con correttezza e buona fede, si potrebbe negoziare con il proprietario una sospensione del canone, una suddivisione in rate ulteriori del canone medesimo o una riduzione del canone per il periodo emergenziale. In caso contrario, ricorrere alla risoluzione del contratto o recesso per giusta causa.

Di fronte a noi abbiamo una crisi di portata devastante, che deve essere affrontata usando il buon senso da entrambe le parti.

Difficilmente un immobile, oggi come oggi, può essere locato nuovamente con facilità, soprattutto se si parla di immobili commerciali, quali negozi, bar o ristoranti, che potrebbero essere i settori più colpiti dalla crisi.

Infatti, quand'anche la pandemia in corso dovesse ridursi, in ogni caso, fino all'estinzione del virus o al vaccino, le misure di distanziamento sociale colpiranno duramente il settore della ristorazione, del divertimento, del turismo ed anche delle vendite al dettaglio; queste ultime, poi, sono oggi quasi totalmente soppiantate dallo shopping online.

Del pari lo smartworking potrebbe ridimensionare l'appetibilità degli immobili ad uso ufficio.

Non si tratta di considerazioni campate per aria, ma di argomentazioni da mettere sul tavolo nella negoziazione con un proprietario.

Ridurre un canone o sospenderlo, ma avere la sicurezza di un conduttore serio, può essere più vantaggioso che correre il rischio di trovarsi l'immobile sfitto per mesi.

Scritto da

Avv. Renato Musella

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