Home-office e sorveglianza da parte del datore di lavoro: modalità e limiti

A quali condizioni e con quali limiti il datore di lavoro può sorvegliare i lavoratori in regime di home-office? Una panoramica della normativa.

15 GIU 2020 · Tempo di lettura: min.
Home-office e sorveglianza da parte del datore di lavoro: modalità e limiti

Durante la crisi legata al COVID-19 ed al relativo lock-down, moltissime imprese hanno adottato, per i propri dipendenti, il regime lavorativo del home-office, ossia il lavoro svolto a distanza presso il proprio domicilio: considerata l'incertezza che ancora oggi vige in merito all'evoluzione della situazione sanitaria, molti lavoratori continueranno, anche in futuro, a svolgere la propria attività lavorativa da casa, forse anche permanentemente.

Tale modalità lavorativa – sinora essenzialmente sconosciuta ad alcuni settori, quali quello bancario, assicurativo, ecc. – ha messo in luce diversi nuovi quesiti giuridici nonché la necessità di trovare un equilibrio che possa coniugare, all'interno dell'attuale quadro legale, le esigenze dei lavoratori con quelle dei datori di lavoro.

Uno degli aspetti più controversi riguarda la sorveglianza del lavoratore da parte del datore di lavoro: infatti, in regime di home-office, diversamente da quanto avviene usualmente presso il posto di lavoro, il datore di lavoro non ha la possibilità di "tenere d'occhio" il lavoratore, così di sincerarsi che quest'ultimo stia effettivamente eseguendo la prestazione lavorativa o perlomeno che egli si trovi effettivamente alla sua postazione.

Di conseguenza, nel corso di questi ultimi mesi sono esplose le richieste per software che permettano al datore di lavoro di sorvegliare l'operato del lavoratore mediante diversi escamotages (alcuni fra i quali sono Hubstaff, Activtrak o Time Doctor): ad esempio, alcuni di questi software permettono di tracciare i movimenti del cursore sullo schermo del computer in uso al lavoratore, mentre altri riconoscono quando il lavoratore digita sulla tastiera. Mentre alcuni critici hanno rilevato come questi applicativi siano dei veri e propri "Spy-Software", i produttori li hanno definiti "Productivity-trackers", ritenendo così che il loro scopo sia lecito e proporzionale, a tutela del legittimo interesse del datore di lavoro.

Occorre quindi valutare se questo tipo di "monitoraggio" sia lecito, in quanto proporzionato e nel legittimo interesse del datore di lavoro che impiega lavoratori in regime di home-office oppure se si tratti di una lesione della personalità del lavoratore e in quanto tale illecita.

Ai sensi dell'art. 26 cpv. 1 dell'Ordinanza 3 concernente la legge sul lavoro (OLL3), "non è ammessa l'applicazione di sistemi di sorveglianza e di controllo del comportamento dei lavoratori sul posto di lavoro": tale norma, formulata in modo ampio, non esclude a priori qualsiasi tipo di sorveglianza. Infatti, laddove un sistema di sorveglianza sia assolutamente necessario per tutelare la salute dei lavoratori, esso risulterà lecito, proprio in considerazione degli obblighi di tutela del datore di lavoro nei confronti del lavoratore, derivanti dagli artt. 6 Legge sul lavoro (LL) e 328 del Codice delle Obbligazioni (CO): si pensi, ad esempio, ai lavori per loro natura pericolosi (impianti chimici, industriali, cantieri ecc.) ove risulta imprescindibile poter monitorare (anche tramite videosorveglianza) lo svolgimento dell'attività lavorativa proprio per garantire l'incolumità dei lavoratori.

Inoltre, anche laddove si configuri una chiara lesione (o messa in pericolo) dell'interesse legittimo del datore di lavoro, una sorveglianza (limitata nel tempo, nello spazio e nella portata) può risultare lecita: è tale il caso, ad esempio, del lavoratore sospettato di atti pregiudizievoli al patrimonio del datore di lavoro. In tale fattispecie, una sorveglianza mirata può essere ritenuta lecita (nei negozi, frequente è la videosorveglianza della zona cassa oppure di aree espositive non visibili al personale), a condizione che essa non limiti eccessivamente la libertà di movimento dei lavoratori e non ne pregiudichi la salute (v. art. 26 cpv. 3 OLL3).

In nessun caso infine, la sorveglianza del lavoratore può essere occulta: laddove il lavoratore sia sottoposto a qualsivoglia forma di sorveglianza, egli deve esserne informato dal datore di lavoro. In caso contrario, la sorveglianza sarà di principio ritenuta illegittima, a prescindere dallo scopo della stessa.

Al di fuori delle condizioni summenzionate, la sorveglianza del lavoratore sarà da considerarsi illegittima in quanto lesiva della sua personalità: il lavoratore si sentirà infatti sotto pressione e condizionato nel proprio lavoro, ciò che risulta incompatibile con la tutela della sua salute psicofisica, la quale il datore di lavoro è tenuto a garantire ai sensi degli artt. 328 CO e 6 LL.

Di conseguenza, la sorveglianza del lavoratore che svolge la sua prestazione lavorativa in regime di home-office non sarà di principio consentita, se non nel rispetto dei principi di proporzionalità, sussidiarietà e trasparenza menzionati in precedenza.

In primis, laddove il datore di lavoro dovesse introdurre software aventi lo scopo di monitorare la performance del lavoratore, quest'ultimo dovrà esserne compiutamente informato: ciò significa che il datore di lavoro dovrà spiegare esattamente le modalità di funzionamento dell'applicativo nonché il genere di dati raccolti (movimento del cursore, digitazione sulla tastiera, ecc.). Inoltre, la sorveglianza dovrà essere giustificata dal legittimo interesse del datore di lavoro di assicurarsi che il lavoratore in regime di home-office stia effettivamente adempiendo in modo corretto alle obbligazioni contrattuali: una "misurazione" costante della prestazione lavorativa esula dal legittimo interesse del datore di lavoro, risultando in un'indebita lesione della personalità del lavoratore.

Infine, l'utilizzo di un software di monitoraggio a distanza essere limitato nel tempo: la durata del monitoraggio deve essere appena sufficiente per appurare che il lavoratore stia effettivamente svolgendo in modo corretto la prestazione lavorativa in regime di home-office. Un monitoraggio costante e protratto nel tempo non è giustificabile, traducendosi in una sorveglianza del lavoratore, lesiva della sua personalità.

In conclusione, il regime lavorativo di home-office presenta nuove sfide e nuovi equilibri tra il lavoratore e il datore di lavoro, i quali dovranno trovare il proprio posto all'interno dell'attuale quadro normativo: è tuttavia importante usare prudenza e buon senso nell'implementazione di sistemi di sorveglianza, l'utilizzo dei quali andrà valutato caso per caso, nel rispetto delle attuali normative di diritto privato e pubblico e previa trasparente informazione dei lavoratori coinvolti.

Scritto da

Avv. Christopher Jackson, LL.M.

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