Eredità e successioni: i principi generali

Quando muore un soggetto, si apre la successione che devolve l'eredità ai chiamati. Il patrimonio che entra in successione racchiude sia i debiti, sia i crediti.

2 MAG 2017 · Tempo di lettura: min.
Eredità e successioni: i principi generali

La successione ereditaria si apre con la morte del soggetto e consiste nel trasferimento della titolarità di tutti i rapporti patrimoniali, attivi e passivi, agli eredi.

In tal modo gli eredi subentrano sia nelle utilità sia nelle passività del defunto.

Quali sono gli eredi.

La chiamata ereditaria opera a favore dei soggetti previsti dalla legge ovvero di quelli previsti dal testatore, a seconda che si tratti di successione legittima o successione testamentaria. Nella successione legittima l'eredità si devolve al coniuge, ai discendenti legittimi e naturali (la presenza di moglie e figli esclude ogni altro successibile), agli ascendenti legittimi (genitori, nonni), ai collaterali , agli altri parenti (fino al sesto grado) e infine, in loro mancanza, allo Stato.

In presenza di un testamento i chiamati sono liberamente individuabili da parte del testatore, tranne nell'ipotesi in cui siano presenti i cosiddetti soggetti "legittimari", che non possono essere esclusi. I legittimari infatti sono le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione.

Essi sono individuati nelle seguenti categorie: il coniuge , i figli legittimi , i figli naturali , gli ascendenti legittimi.

Quando si diventa eredi: l'accettazione dell'eredità.

Per diventare eredi non è sufficiente essere indicati tali dalla legge o dal defunto.

Il primo passo da compiere per diventare eredi ed essere considerati successori del defunto, subentrando nel suo patrimonio sia dal lato attivo sia da quello passivo, è quello di svolgere l'accettazione dell'eredità.

Il termine per accettare è di 10 anni e una volta accettata l'eredità l'erede non può più tornare indietro, avendo acquisito per sempre la qualità di successore del de cuius (defunto). Questo rileva in presenza di debiti ereditari, perché l'erede non potrà più sottrarsi dal loro pagamento.

L'accettazione avviene in due modi: espressamente o tacitamente.

La seconda forma (accettazione tacita) può essere considerata quella più pericolosa, nell'ipotesi in cui l'eredità contenga dei debiti. Infatti l'accettazione tacita avviene automaticamente, senza necessità di svolgere atti formali.

Essa si verifica per legge allorché i chiamati all'eredità compiano degli atti materiali cui la legge ricollega in automatico l'effetto dell'accettazione, senza necessità di una manifestazione espressa di volontà da parte del soggetto.

Questa forma di accettazione avviene con il possesso dei beni ereditari per un periodo superiore ai tre mesi oppure con il compimento di un'attività che presuppone la qualità di erede. Per esempio sarà sufficiente l'occupazione della casa di residenza del defunto per più di 3 mesi per essere considerati eredi puri e semplici (questo caso si verifica molto spesso in danno dei familiari del defunto, tipico il caso di coniuge e figli conviventi con lo stesso). Altre ipotesi si possono verificare allorché i chiamati all'eredità manifestino a terzi la loro qualità di eredi pretendendo di gestire il patrimonio del defunto (come nel caso in cui moglie e figli scrivano alla banca in cui il defunto aveva rapporti o all'Inps, chiedendo la liquidazione delle somme che spettano al defunto).

In tali evenienze la legge dà prevalenza alla manifestazione per fatti concludenti della qualità di eredi, in quanto la richiesta di appropriazione dei beni il defunto presuppone di esserne i successori universali. Altrimenti quei soggetti non sarebbero legittimati a chiedere quanto pretendono.

L'altra forma di accettazione è quella espressa che sia attua con un atto formale, quale l'accettazione davanti al notaio o il cancelliere del tribunale.

Il beneficio d'inventario.

L'accettazione dell'eredità può essere pura e semplice oppure beneficiata.

La prima forma è automatica (non necessita di iniziative particolari) e comporta per l'erede l'assunzione di responsabilità con tutto il suo patrimonio per eventuali debiti del defunto.

La seconda forma serve per limitare gli effetti negativi di un'eredità che contenga anche passività: col beneficio d'inventario l'erede limita la propria responsabilità a quanto ha ricevuto con l'eredità stessa, salvando così il suo patrimonio personale preesistente alla successione (art. 490 c.c.).

Come e quando si accetta col beneficio.

Il beneficio dell'inventario si chiede nel momento in cui si accetta l'eredità.

Quindi, ricordando le due forme di accettazione espressa e tacita, sarà opportuno fare molta attenzione nelle ipotesi in cui gli eredi siano nel possesso dei beni del defunto: infatti l'accettazione col beneficio andrà svolta entro i tre mesi dall'apertura della successione (quindi dalla morte del soggetto), altrimenti saranno considerati eredi puri e semplici e dovranno rispondere dei debiti con tutto il loro patrimonio.

Per quanto riguarda la forma, l'accettazione beneficiata va fatta o davanti al notaio o davanti al cancelliere del tribunale competente per territorio (che è quello del luogo ove si è aperta la successione).

Le quote ereditarie.

Nella successione legittima le quote di eredità sono individuate dalla legge e dipendono dal numero dei beneficiari e dal grado di parentela.

L'eredità si devolve come segue:

Se c'è solo il coniuge, senza figli, genitori e fratelli: intera eredità Se ci sono uno o più figli senza il coniuge: intera eredità in parti uguali Se ci sono coniuge e un solo figlio, si escludono gli altri parenti: 1/2 al coniuge 1/2 al figlio Se ci sono coniuge e due o più figli, si escludono gli altri parenti: 1/3 al coniuge 2/3 ai figli (da dividere in parti uguali) Se ci sono coniuge e fratelli, senza discendenti e ascendenti: 2/3 al coniuge 1/3 ai fratelli (da dividere in parti uguali) Se ci sono coniuge e genitori, senza discendenti e fratelli 2/3 al coniuge 1/3 ai genitori (in parti uguali) Se ci sono coniuge, fratelli e genitori, senza discendenti: 2/3 al coniuge 1/3 a genitori e fratelli (la quota di eredità sarà divisa per capi, ma ai genitori spetta almeno 1/4) Se ci sono fratelli e genitori, senza coniuge e discendenti: l'intera eredità sarà divisa per capi , ma ai genitori spetta almeno 1/2

In mancanza di coniuge, discendenti, ascendenti e fratelli o loro discendenti, l'intera eredità è devoluta ai più prossimi tra gli altri parenti entro il sesto grado.

Se non ci sono parenti, l'eredità è devoluta allo Stato.

Le quote ereditarie che spettano ai chiamati possono risultare diverse nelle due ipotesi di successione legittima e successione testamentaria.

Infatti il testatore può modificare in parte o in tutto le quote di eredità previste dalla legge (anzi, di solito è proprio questo il motivo per cui un soggetto sceglie la forma del testamento per disporre del patrimonio dopo la sua morte).

Qualora non vi siano soggetti legittimari (ovverosia quei soggetti che vengono tutelati dalla legge in quanto in un particolare rapporto con il defunto) la libertà del testatore sarà massima, potendo nominare erede qualsiasi persona e per qualsiasi quota.

Invece se ci sono i legittimari, la legge riserva loro una quota minina di eredità, che non può essere modificata dal testatore.

Le quote riservate ai legittimari sono le seguenti:

Se c'è solo il coniuge: 1/2 Se c'è un solo figlio, senza il coniuge: 1/2 Se ci sono due o più figli, senza il coniuge: 2/3 (da dividere in parti uguali) Se ci sono coniuge e un solo figlio, si escludono gli altri parenti: 1/3 al coniuge 1/3 al figlio Se ci sono due coniuge e due o più figli, si escludono gli altri parenti: 1/4 al coniuge 1/2 ai figli (da dividere in parti uguali) Se ci sono coniuge e genitori, senza figli: 1/2 al coniuge 1/4 ai genitori (da dividere in parti uguali) Se ci sono i genitori, senza figli e coniuge: 1/3 (da dividere in parti uguali)

In presenza di un testamento, al di fuori degli eredi indicati dal defunto,

gli altri parenti non hanno mai alcun diritto sull'eredità.

Un problema che capita spesso è che i soggetti legittimari si ritengono lesi nella quota di eredità assegnata dal testatore.

Cosa si può fare nel caso di lesione della legittima ?

I soggetti legittimari, nell'ipotesi in cui ritengano si sia operata in loro danno una lesione della quota riservata dalla legge, possono impugnare il testamento, facendo ricondurre alla legalità le quote ereditarie.

La lesione della legittima può essere totale o parziale.

Nel caso di lesione totale si potrà parlare di preterizione dell'erede, in quanto quest'ultimo non sarà stato affatto indicato quale beneficiario di alcuna quota, venendo escluso totalmente dalla successione.

Più frequentemente però si tratterà di una lesione parziale, con compromissione della quota ereditaria assegnata all'erede.

Il meccanismo previsto dalla legge per ricondurre ad equità il testamento è quello della riduzione delle disposizioni eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre.

E' bene precisare che con tale operazione il testamento rimarrà valido, ma verrà modificato dal giudice operando una conformità alle previsioni di legge sotto il profilo della misura delle quote assegnate.

Si ha lesione della legittima anche qualora il defunto in vita abbia svolto donazioni per un valore eccedente quello della quota di cui poteva disporre.

Anche i legati (che sono assegnazioni testamentarie dirette di beni, a favore di soggetti che non assumono la qualità di eredi) possono ledere la legittima ed essere sottoposti a riduzione.

La dichiarazione di successione.

Tra gli obblighi cui gli eredi sono tenuti rientra quello di redigere e presentare all'Agenzia delle Entrate la dichiarazione di successione.

Si tratta di un atto tributario che serve per far pagare le imposte di successione (che colpiscono il trasferimento dei beni dal defunto agli eredi).

Si precisa che la dichiarazione di successione non comporta, secondo l'interpretazione costante della giurisprudenza di legittimità, alcuna accettazione dell'eredità. Questo perché si tratta di un atto obbligatorio per legge e con una finalità ben specifica, che esula dall'ambito dei rapporti sostanziali, rimanendo limitati all'interno degli effetti tributari.

Attualmente il termine per il deposito della dichiarazione è di un anno dalla morte.

Per la misura delle imposte di successione (ma non per quelle ipotecarie e catastali che gravano sugli immobili), i principi in materia prevedono una franchigia per i parenti più prossimi.

I parenti più lontani saranno assoggettati ad imposte maggiori all'aumentare del grado di parentela.

Scritto da

Avv. Baraldo Alessandro

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