Delitto Olga Mattei: riduzione di pena per "tempesta emotiva"

La Corte d’appello di Bologna ha dimezzato la pena in quanto l'uomo avrebbe agito in seguito a una “soverchiante tempesta emotiva e passionale”.

29 MAR 2019 · Tempo di lettura: min.
Delitto Olga Mattei: riduzione di pena per "tempesta emotiva"

All’inizio di marzo, una sentenza, ancora sul tema dei femminicidi, ha fatto scalpore e ha creato un’ondata di proteste in Italia.

La Corte di appello di Bologna ha deciso di dimezzare la pena a Michele Castaldo, condannato precedentemente a 30 anni dal Gup di Rimini. L’uomo, infatti, il 5 ottobre del 2016, aveva strangolato a mani nude Olga Matei, con cui aveva una relazione da circa un mese. La causa scatenante, secondo Castaldo, era stata la gelosia, a causa di alcuni messaggi inviati alla donna da altri uomini. Il reato per cui era stato condannato corrisponde all’“omicidio aggravato dai motivi abietti e futili”.

In seguito alla recente sentenza della Corte di appello, infatti, la pena è stata ridotta a 16 anni, nonostante il pg Paolo Giovagnoli avesse chiesto di confermare la sentenza. Quali motivi hanno spinto i giudici a ridurre la pena, nonostante l’efferatezza del crimine? Uno degli elementi che più ha pesato su questo “sconto” è stata la valutazione della “immediata e spontanea” confessione di Castaldo.

I giudici della Corte territoriale hanno riconosciuto nella gelosia dell'uomo la presenza di un'aggravante e, come specificato dal presidente della Corte d’Appello, Giuseppe Colonna, “la gelosia non è stata considerata motivo di attenuazione del trattamento, anzi, al contrario, motivo di aggravamento in quanto integrante l’aggravante dell’avere agito per motivi abietti-futili”.

Nonostante ciò, Colonna ha anche spiegato che “la misura della responsabilità (sotto il profilo del dolo) era comunque condizionata dalle infelici esperienze di vita, affettiva, pregressa dell’imputato, che in passato avevano comportato anche la necessità di cure psichiatriche, che avevano amplificato il suo timore di abbandono”.

Il perito psichiatrico, dunque, ha definito la reazione dell’uomo come una “soverchiante tempesta emotiva e passionale” che sarebbe la causa che ha spinto i giudici a riconoscere le attenuanti generiche. In più, Castaldo, anche se in maniera incompleta e non inidonea a determinare l’attenuante del risarcimento del danno, “aveva tentato di iniziare a risarcire la figlia della vittima, facendo così intravedere la presa di coscienza dell’enormità della azione compiuta”.

Secondo quanto riportato dal quotidiano Repubblica, il giudice della Corte d’Appello, Orazio Pescatore, si sarebbe difeso affermando che:

"Il nostro compito era valutare la vita dell'imputato, la personalità nel suo complesso. Come si fa sempre in questi casi. L'imputato, alle sue spalle, aveva due o tre episodi significativi che hanno avuto conseguenze sulla sua psiche. Quando si discute della pena si valuta la personalità, nella perizia si è tenuto conto del vissuto fragile e debole, che però non giustifica nulla. Nelle valutazione delle attenuanti generiche ci sono tanti fattori da tenere in considerazione. Castaldo aveva alle spalle una storia pesante, era debole in questo senso, era già stato in cura, soffriva di depressione".

Quali saranno i prossimi passi? Secondo quanto riporta l’agenzia di notizie ANSA, la Procura generale di Bologna, guidato dal pg Ignazio De Francisci, chiederà alla Corte di Cassazione di valutare la correttezza dei principi espressi nella sentenza della Corte di appello. Nel frattempo, qualche giorno dopo la sentenza di riduzione della pena, Michele Castaldo ha tentato il suicidio in carcere.

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