Mi ha mentito sulla sua identità

Nonostante l’estreme laconicità della descrizione dell’evento, è possibile ipotizzare nello stesso la commissione di fatti penalmente rilevanti.
Infatti, l’attribuire a sé stessi un falso nome, inducendo altri in errore sulla propria identità al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, integra il reato previsto e punito dall’art. 494 del c.p. (sostituzione di persona), e ciò anche se il nome utilizzato risulti di fantasia e purché, esso non sia facilmente ed immediatamente percepibile come falso dalla vittima.
Potrebbe, poi, ricorrere anche il reato di truffa ex art. 640 c.p., ove la falsificazione della propria identità dovesse collocarsi in una condotta riconducibile alle nozioni di “artifici”, ossia messe in scena idonee a raffigurare una cosa per un’altra, o “raggiri”, ossia abbindolamenti capaci di distrarre la vittima dal vero obiettivo del truffatore, il tutto per carpirne alla fine un consenso viziato dagli errori così prodotti e che altrimenti non vi sarebbe stato, con il conseguimento di un ingiusto profitto con altrui danno patrimoniale.
Occorre, infine, rammentare che mentre il primo reato è perseguibile d’ufficio, il secondo necessita di una querela da proporsi entro tre mesi dal momento in cui sono chiari e noti alla persona offesa gli elementi che costituiscono l’essenza del fatto, salvo non ricorra una qualsiasi circostanza aggravante, nel qual caso anche la truffa diventerebbe perseguibile d’ufficio.

Avv. Gianluca Bergamaschi