Scioglimento consiglio comunale per infiltrazioni criminalità mafiosa - incandidabilità consiglieri

1. Scioglimento consigli comunali ex art. 143 T.U.E.L. 2. Procedimento di incandidabilità. 3 Efficacia dichiarazione incandidabilità.

21 GIU 2017 · Tempo di lettura: min.
Scioglimento consiglio comunale per infiltrazioni criminalità mafiosa - incandidabilità consiglieri

L'Avv. Giuseppe Maria Perullo analizza il tema del scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni della criminalità.

1. Lo scioglimento dei Consigli Comunali per cause legate al condizionamento della criminalità organizzata di stampo mafioso è disciplinato dall'art. 143 del Testo Unico degli Enti Locali.

La norma appena citata prevede, accanto alla sanzione dello scioglimento dell'Organo Consiliare, anche l'ulteriore sanzione della incandidabilità per quegli amministratori che con il loro comportamento hanno causato lo scioglimento.

Più in particolare si deve osservare che il comma 11 dell'art. 143, d.gs. 18.8.2000 n. 267, introdotto nel nostro ordinamento dall'art. 2 comma 30 l. 15.7.2009 n. 94, prevede che, salva ogni misura interdittiva ed accessoria, eventualmente prevista per gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato luogo allo scioglimento del consiglio comunale, questi ultimi non possono essere candidati alle elezioni regionali, comunali, provinciali e circoscrizionali, che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l'Ente interessato dallo scioglimento, limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo.

La norma appena citata ha dato luogo a non pochi problemi interpretativi, sia in relazione al procedimento giurisdizionale che porta alla dichiarazione giudiziale di incandidabilità, sia alla portata della dichiarazione stessa.

Quanto alla prima questione si è a lungo discusso in ordine alla titolarità ed alla legittimazione ad agire, essendo dubbio se il potere di introdurre il giudizio dinanzi al Tribunale spetti al P.M. ovvero se lo stesso sia riconducibile in capo al Ministro dell'Interno.

Altro aspetto della medesima questione è quello relativo alla forma dell'atto introduttivo del giudizio, non essendo chiaro se sia sufficiente l'invio della proposta di scioglimento del Consiglio Comuanle al Presidente del Tribunale, ovvero se occorra la proposizione di un ricorso, mediante il quale articolare una compiuta domanda giudiziale.

Quanto alla seconda questione, si è molto discusso in dottrina ed in giurisprudenza in ordine agli effetti ed alla decorrenza della dichiarazione di incandidabilità: se cioè la stessa debba decorrere dalla data di inoppugnabilità del provvedimento giudiziale che pronuncia l'incandidabilità, ovvero se si "scontino" dalla pena (rectius sanzione) le tornate elettorali medio tempore celebratesi.

Su entrambe le questioni è intervenuta la Cassazione con numerose pronunce che, da un lato, hanno fatto luce sul procedimento giurisdizionale sopra citato e, dall'altro, hanno chiarito la portata temporale della dichiarazione di incandidabilità.

2. Procedimento giurisdizionale - legittimazione ad agire - forma dell'atto introduttivo del giudizio

Il procedimento tramite il quale giungere alla dichiarazione di incandidabilità ha dato luogo a notevoli scontri giudiziali. La colpa di ciò è da rinvenirsi in una norma (il comma 11 dell'art. 143) dal tenore a dir poco infelice, la cui interpretazione sistematica appare certamente difficile. Un primo orientamento interpretativo ritiene necessaria, in ogni caso, la proposizione di un ricorso giurisdizionale.

Tale orientamento muove dal richiamo, contenuto nell'art. 143, comma 11, alle disposizioni del codice di rito relative al giudizio camerale. Da tale presupposto si fa discendere l'ovvia conseguenza che, poiché l'art. 737 c.p.c. prevede che "i provvedimenti che debbono essere pronunciati in camera di consiglio si chiedono con ricorso al giudice competente", l'azione di cui discutiamo non può che essere esperita mediante la proposizione di un ricorso al Tribunale competente. E qui subito la seconda questione interpretativa: a chi è attribuita la legittimazione ad agire: all'Avvocatura dello Stato, in qualità di difensore necessario del Ministero, al Ministero in proprio, non essendo necessario il patrocinio di un avvocato nei giudizi elettorali, ovvero al Pubblico Ministero?

La Cassazione è intervenuta a dirimere la controversia con la sentenza delle S.U. in data 30.1.2015 n. 1747.

Con la pronuncia appena citata la S.C. di Cassazione ha chiarito che "dal tenore letterale della disciplina legislativa emerge che lo speciale procedimento camerale destinato a valutare la responsabilità degli amministraori e i loro collegamenti inquinanti e ad imputare cautelativamente, con la dichiarazione di incandidabilità, i rischi di proiezioni criminali nel primo turno elettorale successivo allo scioglimento che si svolge nel perimetro regionale di riferimento dell'ente disciolto, inizia con l'invio, da parte del Ministro dell'interno, della proposta di scioglimento al tribunale competente per territorio. E' esatto che il procedimento giurisdizionale in questione si svolge secondo la procedura camerale ex art. 737 c.p.c. e ss., e che proprio l'art. 737 c.p.c., il quale apre il capo VI recante le «disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio», prevede che «i provvedimenti, che debbono essere pronunciati in camera di consiglio si chiedono con ricorso al giudice competente», e quindi richiede che la domanda assuma la forma del ricorso contenente i requisiti menzionati nell'art. 125 c.p.c."

Ma, prosegue la Suprema Corte, "il legislatore - pur disponendo l'applicazione in quanto compatibili, delle procedure di cui al libro 4^, titolo 2^, capo 6^, del codice di procedura civile - ha dettato espressamente una diversa forma di introduzione del procedimento de quo. Prevedendo che «ai fini della dichiarazione di incandidabilità il Ministro dell'interno invia senza ritardo la proposta di scioglimento di cui al comma 4, al tribunale competente per territorio, il citato art. 143, comma 11, non solo affida al Ministro dell'interno la legittimazione attiva, ma anche individua nella trasmissione della proposta di scioglimento avanzata dallo stesso Ministro l'atto introduttivo del procedimento". La Corte conclude, quindi, nel senso che "si è di fronte ad una forma speciale di instaurazione del giudizio, destinato poi a svolgersi - una volta appunto introdotto secondo le prescrizioni dettate dalla norma - nelle forme del rito in camera di consiglio".

In sintesi, quindi, il giudizio di incandidabilità si celebra nelle forme del rito camerale anche se l'atto introduttivo del giudizio non è un ricorso ma consiste nel mero invio, da parte del Ministero dell'interno della relazione di scioglimento del Consiglio Comunale.

Relazione che, non a caso, deve indicare - ai sensi del comma 4 dell'art. 143 T.U.E.L. - i responsabili delle condotte che hanno portato allo scioglimento del Consiglio Comunale, in quanto sono quei soggetti ad esser legittimati passivi nel giudizio di cui discutiamo.

3. Effetti e decorrenza della dichiarazione di incandidabilità

Anche la questione relativa alla decorrenza della sanzione della incandidabilità ha dato luogo ad un acceso dibattito in dottrina e giurisprudenza.

Sul punto si segnalano le sentenze della S.C. di Cassazione nn. 18696/15 e 7316/16.

Con la sentenza n. 7316/16 la S.C. di Cassazione, confermando quanto già affermato con la precedente sentenza n. 18696/15, ha chiarito che "la misura interdittiva dell'incandidabilità degli amministratori pubblici di enti territoriali, il cui consiglio sia stato sciolto per l'esistenza di ingerenze della criminalità organizzata, opera dal momento in cui sia dichiarata con provvedimento definitivo e riguarda il primo turno, ad esso successivo, di ognuna delle tornate elettorali indicate dall'art. 143, comma 11, del d.lgs. 267 del 2000 e, quindi, tanto le elezioni regionali, quanto quelle provinciali, comunali e circoscrizionali".

Afifnchè possa trovare efficacia la misura interdittiva di cui si discute occorre, pertanto, che la stessa venga dichiarata con provvedimento definitivo e, quindi, che si sia esaurito il procedimento giurisdizionale di cui all'art. 143, comma 11 d.lgs. 267/00.

Con la conseguenza, quindi, che non si potrà tener conto delle tornate elettorali medio tempore tenutasi prima della dichiarazione, con provvedimento definitivo, della misura interdittiva de qua.

Scritto da

Studio Avv. Giuseppe Maria Perullo

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