Lo stalking genitoriale

Nuova giurisprudenza: stalking genitoriale per eccessive preoccupazioni, per esempio per visite mediche perduranti senza giustificazione.

22 DIC 2016 · Tempo di lettura: min.
Lo stalking genitoriale

La giurisprudenza penale, nella sua evoluzione, mostra di sanzionare casi di stalking che inizialmente non erano stati neanche immaginati ma rientrano nella tutela del bene giuridico che l'art. 612bis c.p. persegue.

Il reato di atti persecutori, così come descrive la norma, si consuma quando

"chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un congiunto o a persona legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita".

Quando si esamina la norma, il pensiero va a molteplici situazioni presenti nei rapporti di coppia o dopo la cessazione di rapporti di coppia o anche in relazione a tentativi di costituzione di rapporti di coppia. Tuttavia la sfera di protezione offerta dalla norma incriminatrice è molto più ampia, come è significativamente emerso con la sentenza numero 2551 del 12.10.2016, pubblicata il 24.11.2016, della V Sez. Penale della Corte Suprema (Presidente dott. Sabeone, relatore Cons. dott.sa Catena). In realtà atti persecutori di rilevanza penale possono essere realizzati in molteplici situazioni concrete: si pensi ad esempio a nocive e devastanti immissioni molestie dolosamente predisposte allo scopo di arrecare danno, a soggetti reclamanti in forme altamente moleste e con condotte perduranti un sussidio o un posto di lavoro, a soggetti che pretendono in forme ossessive e minacciose altrui prestazioni, a soggetti che in forma reiterata abusano dei propri poteri o delle proprie funzioni per ledere l'altrui serenità e così via.

La sentenza della Suprema Corte n. 2551/2016 si è occupata, fra l'altro, di un'ipotesi particolare di atti persecutori, quali quelli posti in essere da un padre che pretendeva di costringere la figlia minorenne a continue ed incessanti visite ed ispezioni anali (peraltro senza alcuna logica giustificazione), generando stati di ansia e di pianto, con danno sullo sviluppo psicofisico della figlia, che poi era stata affidata dalla Corte di Appello di Messina, Sezione Minorenni, agli operatori dell'Unità di Neuropsichiatria infantile dell'Asp.

Nel caso di specie il Giudice di legittimità ha ritenuto insussistente qualsiasi esimente e qualsiasi eccesso colposo nell'esercizio di un diritto, ravvisando non solo l'evento del danno, desumibile dalle conseguenze che ne aveva patito la figlia ma anche il dolo, che, come da ormai consolidata giurisprudenza, richiede soltanto la consapevolezza dell'idoneità della condotta a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma. A tale conclusione la Suprema Corte è giunta osservando che il padre era perfettamente a conoscenza delle conseguenze che la sua condotta provocava, per cui non poteva dubitarsi della sussistenza del dolo. La pronunciata sentenza apre ora una nuova finestra sulla rilevanza dei limiti che s'impongono nell'esercizio della responsabilità genitoriale e sulla possibilità di interventi penali quando tali limiti siano volontariamente e nocivamente superati, con eccessi di intervento anche negli accertamenti medici e nelle cure sanitarie, in modo così invasivo da generare stati di ansia e di paura. La serenità della vita dei figli richiede un ambiente affettuoso e sereno, ma non maniacale ed ossessivo, per perché progrediscano nel loro sviluppo psicofisico.

Scritto da

Avv. Alfredo Guarino

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