Il “tempo tuta” va retribuito ma solo se tale operazione è diretta dal datore di lavoro.

Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, sentenza 21 settembre 2016 - 3 febbraio 2017, n. 2965. Presidente Napoletano - Relatore De Gregorio

13 MAG 2017 · Tempo di lettura: min.
Il “tempo tuta” va retribuito ma solo se tale operazione è diretta dal datore di lavoro.

La Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con la sentenza del 3 febbraio 2017 n. 2965 ha ribadito un orientamento consolidato secondo il quale è considerato lavoro effettivo il tempo impiegato per indossare la divisa in presenza di una eterodirezione da parte del datore di lavoro che ne deve disciplinare il tempo ed il luogo di esecuzione. Non solo. L'operazione di vestizione e svestizione deve avere carattere strettamente necessario ed obbligatorio per lo svolgimento dell'attività lavorativa.

In buona sostanza l'orientamento giurisprudenziale formatosi anche a livello comunitario "consente di distinguere nel rapporto di lavoro una fase finale, che soddisfa direttamente l'interesse del datore di lavoro, ed una fase preparatoria, relativa a prestazioni od attività accessorie e strumentali, da eseguire nell'ambito della disciplina d'impresa (art. 2104 c.c., comma 2) ed autonomamente esigibili dal datore di lavoro, il quale ad esempio può rifiutare la prestazione finale in difetto di quella preparatoria. Di conseguenza, al tempo impiegato dal lavoratore per indossare gli abiti da lavoro (tempo estraneo a quello destinato alla prestazione lavorativa finale) deve corrispondere una retribuzione aggiuntiva, il tempo necessario ad indossare la divisa aziendale rientra nell'orario di lavoro se è assoggettato al potere di conformazione del datore di lavoro; l'eterodirezione può derivare dall'esplicita disciplina d'impresa o risultare implicitamente dalla natura degli indumenti, o dalla specifica funzione che devono assolvere, quando gli stessi siano diversi da quelli utilizzati o utilizzabili secondo un criterio di normalità sociale dell'abbigliamento."

Ci si chiede allora, alla luce della citata sentenza, quali siano le circostanze che il lavoratore deve dimostrare per vedersi riconosciuto dal Giudice il diritto alla retribuzione del tempo impiegato alla vestizione e alla svestizione.

Ovviamente è necessario partire dal presupposto che la prestazione lavorativa deve necessariamente essere svolta indossando una specifica divisa che si deve caratterizzare per la diversità da un abbigliamento normalmente utilizzabile nella vita quotidiana.

L'utilizzo della suddetta divisa deve poi essere imposto dal datore di lavoro che deve obbligare il lavoratore ad indossarla in luogo aziendale appositamente individuato e nel tempo prestabilito. In buona sostanza ci deve essere una etero direzione da parte del datore di lavoro che deve risultare da atti ufficiali o disposizioni aziendali in qualche modo riconducibili alla volontà del datore di lavoro.

Tutto ciò si deve ovviamente svolgere al di fuori dell'orario di lavoro normalmente retribuito al lavoratore, quest'ultimo deve infatti iniziare la propria prestazione lavorativa con già indosso l'abbigliamento necessario.

È evidente che qualora vi fosse la possibilità per il lavoratore di recarsi sul posto di lavoro avendo già indossato la propria divisa in base a tempi e luoghi da lui stesso decisi, non si potrebbe certamente pretendere la retribuzione del tempo impiegato a vestirsi proprio perché tale operazione rientrerebbe nella c.d. "diligenza preparatoria" all'esecuzione della prestazione lavorativa.

Avv. Vincenzo Maiolino (Foro di Bologna)

Scritto da

Studio Legale Maiolino

Lascia un commento

ultimi articoli su diritto del lavoro