Dubbio diagnostico: liceità di intervento chirurgico

Chirurgia e colpa medica nel dubbio diagnostico. Recenti conferme della Corte Suprema - complicanze delle occlusioni intestinali e sospetta neoplasia.

14 GIU 2017 · Tempo di lettura: min.
Dubbio diagnostico: liceità di intervento chirurgico

Nella pubblica opinione, nella scienza giuridica e nella giurisprudenza è sempre più vivo il dibattito sulla colpa medica, su quali siano i doveri da osservare nell'esercizio della professione medica e su quali siano i confini della responsabilità. E' da osservarsi che è consolidato principio, in diritto e nella deontologia medica, che in caso di dubbio diagnostico debba compiersi ogni accertamento strumentale idoneo, ovviamente con il consenso informato del paziente, che deve essere idoneo nella indicazione delle possibile complicanze e delle possibili alternative, perché possa pervenirsi ad una corretta diagnosi.

Il principio suddetto, così enunciato, non mostra particolari difficoltà ermeneutiche rispetto a normali accertamenti diagnostici, ma diviene di più difficile interpretazione quando l'accertamento diagnostico sia invasivo, come accade nel caso di interventi chirurgici.

In questo ambito appare di particolare interesse la sentenza n. 451/2017 della IV Sezione Penale della Corte Suprema della Cassazione, depositata in data 12.06.2017, dopo l'udienza pubblica del 22.02.2017 (Presidente dr.sa Luisa Bianchi, relatore dr. Ugo Bellini), che ha statuito in ordine alla liceità dell'intervento chirurgico, quando vi sia un ragionevole dubbio diagnostico relativo ad una neoplasia, ancorché poi all'esito dell'intervento chirurgico la neoplasia fortunatamente sia risultata inesistente. La vicenda in esame scaturisce prima da una condanna per lesioni colpose del Tribunale di Salerno e poi da un'assoluzione pronunciata dalla Corte di Appello di Salerno, confermata dalla Corte Suprema con rigetto del ricorso proposto dalla parte civile.

Nel caso di specie il paziente era affetto da una gravissima forma di occlusione intestinale, che aveva lasciato propendere per la possibilità di una neoplasia, per cui si era deciso l'intervento chirurgico, risultato poi inutile e produttivo di conseguenze dolorose, di indebolimento dell'area addominale e di ferita con esiti cicatrizzali. In particolare il quadro clinico colonscopico rappresentava una voluminosa neoformazione polipoidea pluricolata con apici ulcerati, la cui definizione organica non aveva trovato precisa risposta mentre il paziente soffriva dolore all'ipocondrio destro e una forte occlusione intestinale.

La Corte Suprema ha concluso che nel caso non vi sia stato alcun eccesso terapeutico, come ritenuto da un consulente del Pm, che aveva ipotizzato la presenza di una invaginazione del colon, osservando che l'equipe chirurgica aveva agito in uno stato di equivocità diagnostica, che avrebbe dovuto certamente essere sciolta, in presenza del dubbio su una formazione tumorale, che peraltro tale apparentemente si presentava agli esami colonoscopici, così da giustificare un immediato intervento in laparotomia.

La pronuncia della Corte Suprema conferma, quindi, che in caso di dubbio debbano compiersi tutti gli accertamenti del caso, che possono essere anche chirurgici, quando il dubbio concerna la presenza di una voluminosa neoplasia, tale da rendere indifferibile l'intervento.

Alfredo Guarino

Scritto da

Avv. Alfredo Guarino

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